Marburgo è diventata un esempio di accessibilità e inclusione, grazie a un istituto all’avanguardia per ragazzi con disabilità visive
La città di Marburgo, nella Germania centrale, è conosciuta per la sua storica università, fondata nel 1527, ma anche per essere particolarmente adatta alle esigenze delle persone cieche e ipovedenti. Fu infatti qui che nel 1916 nacque la Carl-Strehl-Schule, una scuola secondaria per giovani ciechi o ipovedenti che ancora oggi è il fulcro dell’istituto educativo che ha scoperto e promosso varie tecnologie per rendere più facile la vita delle persone con disabilità visive: il Deutsche Blindenstudienanstalt, o Blista.
Molte innovazioni che hanno reso Marburgo così accessibile e inclusiva per gli ipovedenti si trovano ormai anche altrove. Secondo varie persone con disabilità visive che ci hanno vissuto e sono state intervistate da BBC, il modo in cui sono concentrate e distribuite in questa città è unico.
Secondo Dago Schelin, ricercatore brasiliano che si occupa di studi sui media all’università della città, Marburgo è «una città smart per i ciechi» e potrebbe diventare un modello di riferimento per lo sviluppo di altre città in futuro.
Marburgo ha circa 80mila abitanti e si trova nell’Assia, un’ottantina di chilometri a nord di Francoforte. Tra le altre cose ospita scuole di cavallo, canoa, arrampicata e sci per persone cieche. La sua università è quella con la più alta proporzione di studenti con disabilità visive di tutta la Germania. Tutto ciò si deve in particolare alla lunga storia del Blista, che fu voluto dall’educatore berlinese Carl Strehl per aiutare i giovani che avevano perso la vista durante la Prima guerra mondiale a causa del conflitto.
Allora l’obiettivo della scuola era garantire un’educazione elementare ai bambini ciechi; adesso invece ospita circa 280 studenti che vengono preparati a gestire numerosi aspetti della loro vita quotidiana e ad affrontare la loro vita scolastica e professionale.
Al Blista nel 1919 fu creato il primo libro di matematica e chimica per persone cieche e nel 1954 nacque la prima “biblioteca dell’udito”; nel 1971, sempre a Marburgo, fu installato il primo semaforo acustico per aiutare le persone con disabilità visive ad attraversare la strada, come quelli che successivamente comparvero nelle città di tutto il mondo.
All’istituto sono stati perfezionati strumenti che hanno reso più semplice la vita dei ciechi, tra cui il bastone telescopico e gli screen reader, che permettono di riprodurre un testo scritto tramite sintesi vocale.
Negli anni le innovazioni del Blista hanno cambiato anche la città, rendendola più vivibile per le persone con disabilità visive che frequentavano l’istituto e poi decidevano di rimanere a vivere lì. A Marburgo si trovano dappertutto percorsi tattili e barriere protettive, che agevolano gli spostamenti delle persone cieche, mappe o miniature con indicazioni in braille, che permettono di identificare le principali attrazioni della città, come il castello e la piazza della città vecchia, ma non solo.
Oltre a cambiare il modo in cui si vive, l’istituto ha cambiato anche il modo in cui si studia: dai lavori strutturali per rendere più accessibili i dipartimenti dell’università, alle nuove tecnologie per rendere più semplice lo studio di materie spesso complesse da affrontare per le persone cieche, come le Scienze Naturali.
Lo ha spiegato a BBC in maniera più dettagliata Tobias Mahnke, che insegna chimica alla Carl-Strehl-Schule. Tradizionalmente per studiare materie come la chimica servono grafici, tabelle e immagini che gli studenti ipovedenti non sono in grado di osservare; esercitazioni di laboratorio che sono piuttosto complesse da replicare, perché sono quasi sempre basate sull’esperienza visiva.
Secondo Mahnke, però, non dovrebbero esserci «svantaggi» per le persone cieche.
Assieme ai colleghi del Blista e grazie al sostegno economico di alcune fondazioni, Mahnke ha sviluppato una serie di strumenti per rendere lo studio della chimica più inclusivo, per esempio adattando il materiale di laboratorio alle esigenze degli studenti ciechi per renderlo più sicuro, e installando speciali sensori sonori per segnalare quello che succede attraverso determinate reazioni chimiche.
Alcuni studi citati da BBC hanno evidenziato che sia i bambini che gli adulti imparano meglio quando nell’apprendimento sono stimolati altri sensi oltre alla vista, e anche secondo Mahnke «le esperienze multi-sensoriali portano a un apprendimento più profondo e che dura più a lungo».
Il primo corso avanzato di chimica dell’istituto è del 2017; nel 2019 per via della grande richiesta ne sono stati offerti due.
L’informatico cieco Bahaddin Batmaz, che si occupa anche di promuovere l’accessibilità per chi ha disabilità visive, ha invece sottolineato che le invenzioni dedicate ai ciechi possono essere un beneficio per tutti: basti pensare agli annunci vocali alle fermate dei mezzi pubblici, che sono senz’altro utili anche alle persone vedenti.
Sia secondo gli insegnanti che secondo le persone con disabilità, un altro aspetto cruciale che ha reso Marburgo così inclusiva è quello umano.
In città «ci sono molti ciechi, e qualsiasi organizzazione deve farci i conti, prima o poi», ha raccontato a BBC Leon Portz, che iniziò gradualmente a perdere la vista a causa di una malformazione congenita a otto anni e studiò proprio al Blista; a Marburgo però la popolazione vedente è abituata a incontrare e a interagire con quella non vedente; gli autisti degli autobus sanno dare assistenza ai passeggeri disabili e molti ristoranti hanno il menù in braille, per fare qualche esempio.
Come ha spiegato a BBC Uwe Boysen, giudice in pensione, ex presidente dell’associazione tedesca degli studenti e dei lavoratori ciechi e ipovedenti (DVBS) ed ex allievo della Carl Strehl, il senso di comunità e di assistenza reciproca che si sono creati a Marburgo «ti danno coraggio, ti fanno osare e sperimentare cose nuove».
Portz, che attualmente studia Biochimica e Informatica a Düsseldorf, ha detto di non sentirsi «un pioniere», ma di immaginare di esserlo: è il primo studente cieco nella sua facoltà e secondo quello che dice è anche uno dei pochi studenti universitari di chimica ciechi in tutta la Germania. Parlando della sua esperienza al Blista, Portz ha detto: «Mi sono reso conto di quello che era possibile, e di quello che poteva diventare possibile».
(ilpost.it)