Disabilità e Diritto alla Sessualità: Un Dibattito Complesso tra Progresso e Rischi di Regressione

Il dibattito sulla proposta di legge per gli operatori sessuali per persone con disabilità solleva perplessità: sebbene il tema sia importante, molte associazioni temono che si rischi un approccio eccessivamente assistenzialistico.

Il tema della sessualità delle persone con disabilità è stato per molto tempo marginalizzato, spesso ignorato o trattato con un’impronta assistenzialistica. Tuttavia, negli ultimi anni, la sensibilizzazione su questo argomento ha permesso di compiere alcuni passi avanti, riconoscendo finalmente il diritto delle persone con disabilità a una vita affettiva, emotiva e sessuale piena e autodeterminata. Un diritto umano fondamentale, sancito anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che riconosce la salute sessuale come parte integrante della salute psicofisica.

In questo contesto si inserisce la proposta di legge che mira a istituire la figura professionale dell’“operatore per l’emotività, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità”. L’intento dichiarato dai promotori è quello di superare le barriere culturali e sociali che ancora ostacolano il diritto alla sessualità di queste persone, attraverso l’introduzione di figure specializzate capaci di affiancare e supportare individui e famiglie. Un obiettivo nobile, che accende i riflettori su un tema delicato e spesso ignorato, ma che, secondo molte associazioni, presenta criticità importanti che potrebbero mettere a rischio i progressi già compiuti.

Una Proposta di Legge con Intenzioni Lodevoli ma Problematiche

La proposta, firmata dal deputato Marco Furfaro, ha destato immediatamente grande attenzione, ma anche numerose perplessità. La legge punta a tradurre in realtà quel “diritto universale” alla sessualità sancito dall’OMS, che però non è mai stato pienamente attuato nel nostro paese. Secondo i promotori, è necessario che la dimensione della sessualità delle persone con disabilità venga supportata e assistita in maniera strutturata, così come accade in altri paesi europei come Germania, Belgio e Svizzera. La creazione di figure professionali specificamente formate per assistere le persone disabili nella sfera emotiva e sessuale è vista come una risposta concreta a tale esigenza.

Tuttavia, molte associazioni del mondo della disabilità, prime tra tutte CoordDown, esprimono forti riserve. Nella loro visione, la proposta di legge rischia di ridurre il tema della sessualità a un intervento tecnico, scollegato dalle reali esigenze di autodeterminazione e crescita emotiva delle persone con disabilità. In particolare, CoordDown critica la visione della proposta come “parziale e culturalmente pericolosa”, poiché potrebbe rinforzare stereotipi e modelli assistenzialistici, compromettendo i progressi fatti fino ad oggi.

La campagna di CoorDown «Just the Two of Us»

Gli Stereotipi e il Ruolo della Cultura

Uno dei punti cardine della critica sollevata da Antonella Falugiani, ex presidente di CoordDown e delegata per il tema dell’affettività e sessualità, riguarda la persistenza di stereotipi culturali che influenzano ancora il modo in cui la società guarda alle persone con disabilità. Troppo spesso, queste persone vengono viste come “eterni bambini”, incapaci di provare desideri o pulsioni sessuali, oppure si tende a patologizzare o ignorare le loro esigenze affettive e sessuali.

Questi stereotipi, oltre a influenzare la società in generale, hanno un impatto diretto anche sulle famiglie, che si trovano disorientate e prive degli strumenti necessari per accompagnare i propri figli nel loro percorso di crescita affettiva e sessuale. «Non si tratta di un diritto al mero atto sessuale – sottolinea Falugiani – quanto piuttosto del diritto a ricevere un’educazione affettiva e sessuale comprensibile e adeguata alle proprie peculiarità. Questo vale per ogni adolescente, dunque anche per le persone con differenti disabilità».

Il Ruolo delle Buone Prassi e della Scuola

La critica mossa dalle associazioni non riguarda soltanto la visione riduttiva della proposta di legge, ma anche l’aspetto tecnico. In Italia, come sottolineato da CoordDown, esistono già esperienze e buone prassi consolidate negli ultimi anni nel campo dell’educazione affettiva e sessuale per le persone con disabilità. Percorsi che hanno coinvolto famiglie, scuole e professionisti del settore, permettendo la maturazione di approcci e conoscenze specifiche.

Uno degli aspetti più importanti è il ruolo che la scuola può giocare nell’educazione affettiva e sessuale. Secondo le associazioni, la scuola rappresenta un’opportunità straordinaria per garantire uguali opportunità educative a tutti, compresi gli alunni con disabilità, purché i percorsi siano adeguati ai bisogni e alle caratteristiche di ciascuno. CoordDown, insieme ad altre associazioni con una lunga esperienza sul campo, è pronta a collaborare con le istituzioni scolastiche per mettere in pratica programmi educativi efficaci e inclusivi.

Disabilità e sessualità

Una Visione Assistenzialistica o di Autodeterminazione?

Nel dibattito sulla proposta di legge, emerge una questione fondamentale: quale visione della sessualità delle persone con disabilità vogliamo promuovere? Da un lato, la proposta cerca di affrontare un problema reale, ovvero la mancanza di supporto strutturato per le persone con disabilità e le loro famiglie nella sfera affettiva e sessuale. Dall’altro, c’è il timore che questa assistenza si traduca in una visione eccessivamente tecnica e medicalizzante, che non rispetti l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone disabili.

Carlo Giacobini, figura storica dell’associazionismo della disabilità, non usa mezzi termini nel criticare la proposta di legge, definendola “una ciofeca inemendabile”. Secondo Giacobini, il testo rispecchia una visione deformata della sessualità delle persone con disabilità, confermata soltanto ad alcune disabilità e senza una chiara previsione su come sarà finanziata.

Già il filosofo Umberto Galimberti in un suo celebre articolo del 1989 (U. Galimberti, La legge lo giudica osceno: erotico o paralizzato è sempre il corpo del reato, in «Corriere della Sera», supplemento Sette, n. 33/89, pagina 15) riflette sull’eterno conflitto tra il corpo e la legge. Galimberti evidenzia come la società tenda a normare il corpo umano in base a criteri morali e sociali, ignorando le sue complessità e le sue specificità. Il corpo delle persone con disabilità, così come quello di altre minoranze sociali, viene spesso trattato come “il corpo del reato”, come qualcosa di osceno o problematico che la legge deve in qualche modo controllare o regolamentare.

Ciascuno di noi ha sempre la possibilità di ripensare l’eterno conflitto tra il corpo e la legge, e fin dove la legge può decidere della vicenda dei corpi. E qui la direzione del discorso si lascia intuire qualora si dovesse scendere nella specificazione dei corpi per incontrare il corpo delle prostitute, il corpo dell’omosessuale, il corpo del travestito, il corpo dell’handicappato, il corpo del drogato intorno a cui, proprio in questi giorni, la legge si sta organizzando

Le parole di Galimberti si rivelano quanto mai attuali nel contesto di questo dibattito. La proposta di legge solleva domande cruciali su fino a che punto la società e la legge possano intervenire nella sfera intima e corporea delle persone con disabilità, e su quale sia il modo migliore per garantire loro il diritto alla sessualità senza imporre modelli preconfezionati o visioni assistenzialistiche.

Conclusione: La Strada da Percorrere

Il dibattito sulla sessualità delle persone con disabilità è complesso e richiede una riflessione profonda, che tenga conto delle esigenze di autodeterminazione e crescita personale, ma anche delle difficoltà e degli ostacoli che ancora persistono a livello culturale e sociale. La proposta di legge in discussione ha il merito di portare alla luce una tematica spesso trascurata, ma come sottolineato da molte associazioni, rischia di non cogliere appieno le sfide e le complessità del tema.

Piuttosto che creare nuove figure professionali, sarebbe forse più utile investire nelle esperienze e nelle buone prassi già esistenti, rafforzando la formazione e il supporto alle famiglie, e promuovendo percorsi educativi inclusivi e adeguati.

In definitiva, il vero progresso non consiste soltanto nell’introdurre nuove leggi o nuove figure, ma nel cambiare la cultura e gli stereotipi che ancora oggi limitano la piena realizzazione dei diritti delle persone con disabilità. Puntare sulla consapevolezza, sulla formazione e sull’affiancamento pratico rimane la strada migliore per garantire una vita affettiva e sessuale piena e autodeterminata per tutti.

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