Violenza sulle donne: ancora un rapporto Istat che ignora le donne con disabilità

Come già in altri rapporti di ricerca prodotti dall’Istat in tema di violenza di genere, anche in quello denominato “Le Case rifugio e le strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza – Anno 2022” le donne con disabilità sono state quasi completamente ignorate. L’unico riferimento esplicito si trova nelle tabelle sui criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti. Una pratica discriminatoria non evidenziata come tale nel testo del rapporto di ricerca. Mancano i dati disaggregati per la disabilità della vittima. Mancano tutte le informazioni utili a definire le politiche necessarie affinché il Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza diventi accessibile e inclusivo anche per questo target di utenza.

Il 19 aprile 2024 l’Istat ha pubblicato il rapporto di ricerca denominato “Le Case rifugio e le strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza – Anno 2022” (il report completo è pubblicato a questo link, le tavole con i dati delle Case rifugio sono reperibili a quest’altro link, mentre quelle con i dati dei presìdi antiviolenza sono disponibili a questo ulteriore link).

Poiché la Convenzione di Istanbul (ovvero la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, ratificata dall’Italia con la Legge 77/2013) prevede, tra le altre cose, la realizzazione di un Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza, a partire dal 2017 l’Istituto di Statistica ha iniziato a rilevare i dati inerenti a detto Sistema; nel 2018 ha avviato delle indagini sulle prestazioni ed erogazioni dei servizi offerti dai Centri antiviolenza e dalle Case rifugio; nel 2020 è stata realizzata una rilevazione statistica sull’utenza dei Centri antiviolenza, e una sul numero di pubblica utilità Anti Violenza e Stalking 1522.

Un nuovo impulso alle rilevazioni è arrivato poi con la Legge 53/2022 (Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere) che impegna l’Istat a condurre indagini per conoscere le caratteristiche dell’utenza che si rivolge ai Centri antiviolenza, ma non prevede che i dati siano disaggregati anche per la disabilità della vittima (sebbene un Ordine del Giorno recepito dal Governo nel momento di approvazione della norma abbia provato a sanare questa criticità, se ne legga a questo link). La stessa Legge prescrive che vengano raccolti anche i dati sulle strutture non aderenti all’Intesa Stato-Regioni (strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie che accolgono donne vittime di violenza, pur non essendo delle Case rifugio).

L’Istat e il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri rendono disponibile un quadro informativo integrato sulla violenza contro le donne in Italia in un’apposita sezione pubblicata al seguente link.In questo scritto segnaliamo solo alcuni dati dell’indagine, riservandoci di concentrare la nostra attenzione sugli aspetti che riguardano in specifico le donne con disabilità.

Alcuni dati contenuti nel rapporto di ricerca

Dal rapporto emerge che nel 2022 le Case rifugio erano 450, il 4% in più rispetto al 2021, ed il 94% in più rispetto al 2017 (quando erano 232); che il tasso di copertura è ancora basso (0,15 ogni 10mila donne in Italia) con differenze territoriali importanti; che sono aumentate le donne ospiti delle Case rifugio (2.698 nel 2022, erano 1.786 nel 2017), così come sono aumentati i figli e le figlie accolte (2.670, +45%), sempre rispetto al 2017 (primo anno della serie dei dati). In merito all’accoglienza dei figli e figlie (nella parte dedicata a “I principali risultati”) è specificato che «non tutte le Case però ospitano i figli, il 43.9% ha tra i criteri di inclusione il limite di età. In particolare, il 22.5% ha il limite di età a 12/14 anni, il 21.4% a 18 anni» (pag. 2, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali).

Tuttavia notiamo che tali dati non combaciano con quelli contenuti nella Tavola 18 del file con i dati sulle Case rifugio, dalla quale risulta che le Case rifugio che hanno adottato criteri di esclusione dei figli e delle figlie delle ospiti sulla base dell’età sono il 69.8% (164 in valori assoluti), che il 77.4% di esse (182 in valori assoluti) pone limiti di genere nell’accoglienza dei figli, e che il 15.3% (36 Case rifugio) ha adottato ulteriori criteri di esclusione dei figli e delle figlie delle donne ospitate (criteri non meglio specificati nel file).Sugli aspetti della formazione è segnalato che «nel corso del 2022, il 71,1% delle Case ha organizzato corsi di formazione o aggiornamento specifici per il personale.

Laddove vengono organizzati, questi riguardano nel 93.6% dei casi l’approccio di genere e la metodologia dell’accoglienza (249 Case), nell’82.7% (220 Case) la gestione e la progettualità delle vittime di violenza assistita, nel 64.3% la Convenzione di Istanbul e nel 58.3% si tratta di corsi sulla valutazione del rischio (155)» (pag. 6): tra i temi di formazione non vi è alcun riferimento all’accoglienza a donne esposte a discriminazione intersezionale.Prima di passare al tema centrale della nostra riflessione è importante segnalare anche il seguente aspetto relativo alle modalità di finanziamento: il 97.1% delle Case rifugio (363 in valori assoluti) riceve fondi pubblici, il 2.1% (8) si finanzia solo con fondi privati, mentre lo 0.8% delle Case rifugio (3) non riceve fondi.

La disabilità nel testo del rapporto di ricerca

Entrando nel merito di come il tema della disabilità è stato trattato nel testo del rapporto di ricerca, rileviamo che gli unici riferimenti sono contenuti nella parte dedicata alla descrizione delle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie, e nel Glossario finale.

Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie sono descritte sulla base di differenti criteri, tra i quali figura quello del target di utenza prevalente (che indica la mission principale della struttura), dunque sono indicati, con solo valore descrittivo, i seguenti target prevalenti: «minori, persone con disabilità, persone con dipendenze patologiche, anziani autosufficienti, anziani non autosufficienti, immigrati/stranieri, adulti con disagio sociale, persone affette da patologie psichiatriche, vittime di violenza di genere, multiutenza» (pag. 9).

È inoltre specificato che «delle 632 donne accolte in strutture residenziali, sono 231 le donne vittime di violenza accolte in strutture non specializzate che hanno come target di utenza prevalente quello della violenza di genere (il 36.5% del totale delle donne vittime di violenza)»: nella sostanza non è fornita alcuna informazione circa il fatto che le 231 ospiti vittime di violenza abbiano o meno una disabilità.

Un altro riferimento alla disabilità contenuto nel testo non riguarda le donne ma i/le minori. Le strutture che ospitano minori vittime di violenza sono 504. Il 49% di questi/e minori è ospitato in strutture che hanno proprio i minori come target di utenza prevalente, mentre «il restante 51% si trova in strutture che ospitano prevalentemente altre tipologie di minori, come ad esempio i minori allontanati dai nuclei familiari di origine per vari motivi o minori con disabilità» (pag. 10). Ma, anche in questo caso, non è dato di sapere quanti siano questi minori con disabilità, né altre informazioni sulle loro caratteristiche.

Anche i riferimenti alla disabilità contenuti nel Glossario hanno carattere puramente descrittivo. Ad esempio, quando alla voce “Case rifugio” vengono descritte le diverse funzioni che esse svolgono, riguardo alla Funzione di protezione sociale – Educativo-psicologica, è specificato che «la struttura eroga assistenza educativa, terapeutica e riabilitativa per i minori in situazione di disagio psicosociale e con disturbi di comportamento. Ha finalità educative, terapeutiche e riabilitative volte al recupero psicosociale ed è a integrazione sanitaria» (pag. 12).

Quando, nell’àmbito dell’illustrazione della Funzione di protezione sociale – Prevalente funzione tutelare, si parla, sempre in termini descrittivi, di “Supporto all’autonomia”, questo viene presentato come «l’accoglienza in alloggi privi di barriere architettoniche e attrezzati con tecnologie e servizi per offrire una permanenza sicura e funzionale finalizzata al mantenimento dell’autonomia dell’utente; ad esempio: alloggi protetti con servizi per anziani o persone con disabilità con una buona condizione di autosufficienza» (pag. 12).

Nella parte in cui sono descritte le strutture che hanno una Funzione di protezione sociale – Socio-sanitaria, si specifica che esse sono destinate ad «accogliere temporaneamente o permanentemente persone anziane non autosufficienti o adulti con disabilità»; mentre distinguendo tra i diversi livelli di intensità dell’assistenza sanitaria sono indicati tra gli/le utenti del livello alto i «pazienti non autosufficienti richiedenti trattamenti Intensivi» (a titolo esemplificativo sono citati: «stati vegetativi o coma prolungato, pazienti con gravi insufficienze respiratorie, pazienti affetti da malattie neuro-degenerative progressive, ecc.»; tra gli/le utenti di livello basso troviamo: «pazienti non autosufficienti con bassa necessità di tutela Sanitaria»; mentre tra gli/le utenti di livello medio sono citati: i/le «pazienti con demenza senile nelle fasi in cui il disturbo mnesico è associato a disturbi del comportamento e/o dell’affettività che richiedono trattamenti estensivi di carattere riabilitativo» (pag. 12-13).

Infine, nella classificazione delle strutture sulla base del target di utenza prevalente sono indicati tra i diversi target, tra gli altri, anche gli anziani autosufficienti e quelli non autosufficienti, le persone affette da patologie psichiatriche (persone con problemi di salute mentale), e le persone con disabilità (persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni con disabilità fisica, psichica, sensoriale o plurima), ma in questa casistica tali strutture sono distinte da quelle che hanno come target di utenza prevalente le vittime di violenza di genere.

Nella sostanza, nel testo del rapporto di ricerca la disabilità è citata una sola volta in riferimento ai minori (senza peraltro fornire dati disaggregati sui/sulle minori con disabilità vittime di violenza), mentre tutti gli altri riferimenti sono puramente teorici/esemplificativi, non forniscono alcuna informazione sulle donne con disabilità vittime di violenza, e non è considerata in alcun modo la prospettiva intersezionale in riferimento alla disabilità, l’unica che consentirebbe di dare risposte adeguate a questo target di utenza.

La disabilità nelle appendici con le tavole sulle Case rifugio e sui presìdi antiviolenza

La disabilità è completamente assente nel file con i dati dei presìdi antiviolenza, mentre nel file con i dati sulle Case rifugio si trovano informazioni che non sono state oggetto di menzione e analisi nel testo del rapporto di ricerca.

In particolare le Tavole 16 e 17 forniscono le distribuzioni dei valori assoluti e di quelli percentuali delle Case rifugio per presenza di criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti (per tipo di criterio e per regione), relativi all’anno 2022. In questo spazio proponiamo una versione semplificata delle Tabelle (sono omessi i dettagli regionali), e una comparazione con i valori dell’anno 2021 (fonte: Tavole 16 e 17 del file con i dati sulle Case rifugio contenuto in: Istat, Sistema di protezione per le donne vittime di violenza – anni 2021-2022, 7 agosto 2023). Rispetto ai dati del 2022 evidenziamo che le Case rifugio che hanno adottato criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti sono il 92.2% (nel 2021 erano 94.1%), e che quelle che non accolgono donne con disagio psichiatrico sono il 79.4% (nel 2021 erano 80.7%).

Tuttavia il decremento rispetto al 2021 è solo apparente, dal momento che l’aumento del numero delle Case rifugio rispetto allo scorso anno incide sul calcolo delle percentuali. Infatti, se guardiamo i valori assoluti le Case rifugio che non accolgono donne con disagio psichiatrico, scopriamo che esse sono passate da 272 nel 2021 a 297 nel 2022. Dunque sono 25 in più.

Dati violenza sulle donne

Nella Tavola 18 sono contenute le distribuzioni dei valori assoluti e di quelli percentuali delle Case rifugio per presenza di criteri di esclusione dall’accoglienza dei figli delle ospiti (per tipo di criterio e per regione), relativi all’anno 2022. Come per le altre Tabelle proponiamo una versione semplificata (sono omessi i dettagli regionali), e una comparazione con i valori dell’anno 2021 (fonte: Tavola 18 del file con i dati sulle Case rifugio contenuto in: Istat, Sistema di protezione per le donne vittime di violenza – anni 2021-2022, 7 agosto 2023).

Osserviamo che la stessa presenza di criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti (e dei loro figli e figlie) è in contrasto con princìpi di uguaglianza e non discriminazione sanciti dalla Convenzione di Istanbul (articolo 4), ma nel testo del rapporto di ricerca sono citati solo quelli relativi all’esclusione dei figli e delle figlie delle ospiti, peraltro con dati incongruenti rispetto a quelli contenuti nelle Tabelle, e senza evidenziare che si tratta di una pratica discriminatoria.Proseguendo nell’esame delle Tabelle, troviamo che la Tabella 21 contiene i dati delle Case rifugio che hanno adottato misure per il superamento delle barriere architettoniche: esse sono 51.1% del totale (pari a 191 in valori assoluti). E tuttavia, anche queste informazioni, non ci dicono se le Case rifugio siano effettivamente accessibili, dal momento che non sono indicate le misure concretamente adottate, né se nelle strutture sono presenti altre barriere.

Considerazioni conclusive

Anche in questo rapporto Istat le donne con disabilità sono state quasi completamente ignorate, l’unico riferimento esplicito, peraltro relativo alle sole donne con disagio psichiatrico, si trova nelle due tabelle sui criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti. Una pratica discriminatoria in contrasto con la Convenzione Istanbul non citata, né evidenziata come tale nel testo del rapporto di ricerca. Giova ricordare che, proprio per promuovere l’eliminazione dei criteri di esclusione delle ospiti, il Centro Informare un’h, nell’ottobre del 2023, ha proposto la campagna di sensibilizzazione “Non c’è posto per te!”.

Deve essere chiaro che le donne escluse dalle Case rifugio – pur trovandosi in una situazione di marginalità sociale, ed essendo esposte a discriminazione multipla – vengono abbandonate a loro stesse. Inoltre, se teniamo presente che il 92.2% delle Case rifugio ha adottato criteri di esclusione delle ospiti, e che il 97.1% delle stesse Case rifugio percepisce fondi pubblici, è importante comprendere come sia possibile che vengano erogati fondi pubblici anche in presenza di pratiche discriminatorie.

Mancano i dati disaggregati per la disabilità della vittima. Anche nelle descrizioni fornite nel Glossario manca completamente l’approccio intersezionale riferito alla disabilità. Non è dato di comprendere in quali strutture sarebbero ospitate le donne con disabilità vittime di violenza, né se, qualora vengano ospitate in strutture per persone disabili, ricevano servizi adeguati anche per affrontare la violenza subita. Ancora una volta l’Istat non fornisce dati utili a descrivere la violenza che colpisce le donne con disabilità in misura maggiore rispetto alle altre donne, né a definire le politiche necessarie affinché il Sistema della Protezione delle donne vittime di violenza diventi accessibile e inclusivo anche per loro. (informareunh.it)

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