Lo skipper francese, nato senza una mano, è settimo nel giro del mondo. L’intervento di Spinelli (Argo Challenge): i limiti si possono superare, le barriere si possono abbattere, passione e determinazione portano a raggiungere qualsiasi obiettivo
Damien Seguin, 41 anni, di Briançon, è uno dei protagonisti del Vendée Globe appena terminato. E’ arrivato sesto, e già questo basterebbe. Ma la sua foto mentre sfila nel canale di Les Sables d’Olonne dopo il traguardo, travestito da Capitan Uncino, dice molto. Intanto, che è nato senza la mano sinistra. Pensate che difficoltà in più, affrontare gli Oceani senza poter manovrare come gli altri. Ma forse lui fa anche meglio. La sua storia è lunga. Io la faccio cominciare dal 2005, quando gli organizzatori gli negano di partecipare alla Solitaire du Figaro, una classica delle regate atlantiche, per la sua disabilità.
Lui aveva vinto un oro alle Paralimpiadi di Atene 2004 sul 2.4 e non deve esserci rimasto bene. “Per ragioni di sicurezza”, gli hanno detto. Lui non si è arreso, ci ha riprovato nel 2006, ha corso la Transat Ag2R, la Route du Rhum, la Transat Jacques Vabre (2°) sui Class 40, ha rivinto un titolo olimpico ai Giochi di Rio del 2016, il Tour de France a vela. Poi, arriva l’Imoca60, la collaborazione con Jean Le Cam, lo sponsor Apicil. E adesso, il sesto posto al Vendée Globe in tempo reale, settimo nella classifica corretta, cinque volte leader durante la corsa. Un atleta che ispira.
Ecco, a seguire, un intervento di Antonio Spinelli, torinese, velista, presidente di Argo Challenge, il team che nasce con il sogno di prendere parte all’America’s Cup e poi ad altre grandi regate con un equipaggio misto di atleti normodotati e disabili e che ha tra i suoi punti di riferimento l’olimpico brasiliano Lars Grael (fpoz).
“Ho conosciuto Damien 15 anni fa. Gli avevo scritto raccontandogli di Argo, la folle – ma non troppo – idea di lanciare una sfida all’America’s Cup con un team di velisti con disabilità fisica.
Dopo qualche giorno dall’aver ricevuto la mia mail, mi venne a trovare, da Briançon, ed ebbi così la fortuna di conoscere una persona veramente unica ed eccezionale. Già allora mi racconto del suo più grande desiderio: partecipare alla Vendèe Globe per dimostrare, come diceva sempre lui, di essere un velista come tutti gli altri. Ecco, questa frase, da ieri, non ha più bisogno di dirla e di ripetersela.
Un velista come Damien, con ori paralimpici al collo, con Transat Jacques-Vabre e Route du Rhum alle spalle, tanto per citare qualcosa di lui, non doveva dimostrare a nessuno di essere un velista come gli altri. Ma, probabilmente, sentiva il bisogno di dimostrarlo a se stesso.
Che uno voglia ammetterlo o no, avere una disabilità ti fa sentire diverso. Solo se riesci a realizzare il tuo sogno più grande ti togli da dentro, definitivamente, quei dubbi e quelle incertezze che gli altri non percepiscono. Da ieri, con un ingresso trionfale nel porto di Les Sables d’Olonne, per Capitan Damien Uncino, che salutava il pubblico con il suo uncino alzato al cielo, tutti i dubbi e le incertezze sono sicuramente svaniti e l’abbraccio immenso della folla, degli amici e della famiglia è stata la giusta ricompensa per un’impresa che definire eroica è corretto e dovuto.
La folla che ieri applaudiva, mi ha fatto ritornare con la mente a Saint Tropez, nell’ottobre del 2006, quando con una barca simbolo della vela francese, French Kiss, e con un equipaggio formato da velisti provenienti da mezzo mondo, alcuni di loro disabili, che mai avevano regatato insieme, Argo ha conquistato la vittoria alle Voiles de Saint Tropez. Salire sul podio, con Lars Grael in testa al gruppo che saliva gli scalini con le sue inseparabili stampelle e l’applauso del pubblico che non finiva mai è stato, sicuramente, un momento che nessuno dell’equipaggio di Argo dimenticherà mai.
Quello che ha fatto Damien è certamente più grande e immenso. Ma il senso è lo stesso. Dare al mondo un grande messaggio, quel messaggio che da oltre 15 anni Argo cerca di diffondere: we can, you can! Persone come Damien, come Lars, e tanti altri famosi e non, sono esempi viventi che i limiti si possono superare, che le barriere si possono abbattere, che passione e determinazione portano a raggiungere qualsiasi obiettivo e ottenere il riconoscimento e il rispetto in segno di gratitudine per l’insegnamento impartito.
Per la prima volta in vita mia, ho gioito per un francese che supera un Italiano. Ma sono certo che il nostro grande Giancarlo Pedote, che ha scritto una pagina storica per l’Italia, non se la sia presa. Giancarlo e Damien sono molto amici. Forse è solo una sensazione, ma qualcosa mi dice che Giancarlo abbia voluto rendere omaggio a un grande velista e un grandissimo uomo e in modo elegante e con grande spirito marinaresco, dopo una magnifica rimonta e dopo averlo superato a poche miglia dall’arrivo, abbia deciso che arrivare poco dopo Damien era la cosa giusta da fare.
Dopo un giro del mondo da solo, per Damien, non sarà facile trovare nuovi e stimolanti obiettivi e traguardi da raggiungere. Ma uno c’è. E Damien e Argo potrebbero realizzarlo insieme”.
(lastampa.it)