La presenza di una disabilità spesso si associa ad una limitata partecipazione alle attività lavorative e alla vita economica e sociale. A tale proposito, una serie di ricerche ha cercato di approfondire quanto la marginalizzazione delle persone con disabilità sia conseguenza degli atteggiamenti negativi verso la disabilità, manifestati a vari livelli, che comportano, rinforzano e istituzionalizzano gli ostacoli all’inserimento sociale e lavorativo.
Stone e Colella (1996) hanno proposto un modello di analisi degli atteggiamenti che comprende i fattori che li caratterizzano e le loro conseguenze. Fra i fattori principali ritroviamo alcune caratteristiche delle persone con disabilità, quali, ad esempio, il tipo di disabilità. In passato alcuni studi hanno messo in evidenza una propensione diffusa nella società a manifestare un atteggiamento più negativo verso le persone con menomazioni intellettiva e problematiche psichiche rispetto a coloro che hanno disabilità sensoriali e fisiche (Colella, DeNisi e Varma, 1998; McMahon et al., 2008; Garcia, 2005).
Quali sono, nella nostra società, gli atteggiamenti manifesti o latenti verso le persone con disabilità cognitiva? Individuarli e osservarne l’andamento nel tempo attraverso degli strumenti di indagine può consentire di conoscere le situazioni nelle quali le persone con disabilità possono incontrare maggiori difficoltà e resistenze sociali.
Nell’ambito delle ricerche svolte dal Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia, si stanno indagando gli atteggiamenti verso le persone con Disabilità Intellettiva (DI). A tale scopo, già dalla scorsa primavera, in una lettera pubblicata su www.orizzontescuola.it (un portale dedicato al mondo della scuola), Giulia Balboni, Laura Arcangeli, Silvia Di Falco, Cristina Gaggioli e Moira Sannipoli, hanno invitato insegnanti, educatori/assistenti alla persona, collaboratori scolastici, dirigenti e altro personale in servizio nella scuola a compilare un breve questionario online: “Atteggiamenti verso la Disabilità Intellettiva” (D. Morin, A. G. Croker, R. Beaulieu-Bergeron e J. Caron, 2012; adattamento italiano di G. Balboni, S. Di Falco, C. Gaggioli, M. Sannipoli e L. Arcangeli, 2018), al seguente link https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScU6VqnTFnLvXghxPhmI1YlNiFlKPwW_6MSyTbgFBwUqGZaLA/viewform
«La partecipazione del mondo della scuola è per noi fondamentale. La sfida dell’inclusione scolastica e sociale di persone con disabilità intellettiva richiede l’intervento di tutte le figure coinvolte nel percorso», sottolineano le docenti. Per coloro che non hanno ancora aderito all’iniziativa, le promotrici rinnovano l’invito alla compilazione del questionario al link precedente e alla diffusione al personale che potrebbe essere interessato a partecipare all’indagine.
Nella pagina di presentazione del questionario, Giulia Balboni, professore associato di Psicometria e Laura Arcangeli, professore associato di Pedagogia Speciale, chiedono ai partecipanti di esprimere il grado di accordo (assolutamente d’accordo; abbastanza d’accordo; un po’ d’accordo; un po’ in disaccordo; abbastanza in disaccordo; assolutamente in disaccordo) rispetto ad alcune affermazioni. «Non vi sono risposte giuste o sbagliate. La invitiamo a rispondere nel modo più sincero possibile a tutte le domande. Se alcune risposte non Le sembrano indicate a descrivere il Suo atteggiamento, La preghiamo di contrassegnare la risposta che più gli si avvicina. La Sua adesione è volontaria, non riceverà alcun compenso e può interrompersi la compilazione se lo ritiene opportuno. Le garantiamo l’anonimato delle informazioni da Lei fornite, raccolte ad esclusivo scopo di ricerca. I dati verranno elaborati globalmente, senza alcuna indicazione riguardo all’identità dei singoli partecipanti e in accordo alle norme sulla privacy (art. 13 del D.Lgs 196/2003)», spiegano le docenti.
Nel DSM-5 il termine ritardo mentale è stato ufficialmente sostituito da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) intendendo con questo termine un disturbo dello sviluppo caratterizzato da limitazioni significative nel funzionamento intellettivo e nel comportamento adattivo che hanno avuto insorgenza entro il diciottesimo anno di età.
Il questionario per prima cosa chiede di confermare o contraddire le seguenti affermazioni: «Secondo lei la DI può essere causata da malnutrizione della madre; danni cerebrali gravi del bambino; carenza di stimolazione durante l’infanzia; sostanze tossiche nell’ambiente; consumo di droghe e/o alcool in gravidanza; complicazioni durante il parto».
Poi vengono presentate altre affermazioni su cui si chiede un parere: «Lei crede che la DI sia più frequente negli ambienti svantaggiati? Secondo Lei, la maggioranza delle persone con DI è in grado di svolgere un lavoro stabilmente; usare i trasporti pubblici autonomamente; gestire il denaro; sostenere una conversazione; riferire i propri problemi fisici; praticare uno sport; fare un giro in città non accompagnati; leggere brevi frasi; apprendere; prendere decisioni».
Successivamente il questionario si addentra nel campo delicatissimo dei diritti: «Secondo Lei, le persone con DI dovrebbero poter dare il loro consenso a ricevere cure mediche; dovrebbero essere retribuite quanto i colleghi anche se meno produttive; hanno esattamente lo stesso diritto delle persone senza DI di prendere decisioni riguardanti la loro vita; dovrebbero avere il diritto di sposarsi; dovrebbero avere il diritto di bere alcolici; dovrebbero avere il diritto di fare sesso; dovrebbero avere il diritto di votare; dovrebbero avere il diritto di avere figli; dovrebbero avere gli stessi diritti di chiunque altro».
Quest’ultima affermazione, che può essere accettata totalmente o parzialmente, o respinta categoricamente o manifestando qualche dubbio e esitazione, rappresenta la chiave del nostro rapporto con la disabilità: le persone con disabilità dovrebbero avere gli stessi diritti di chiunque altro? Siamo disposti a riconoscere i loro bisogni fondamentali (affettivi, emotivi, relazionali) e i loro diritti sociali?
Per informazioni sull’indagine è possibile rivolgersi a Giulia Balboni (giulia.balboni@unipg.it ; www.unipg.it/personale/giulia.balboni) o Laura Arcangeli (laura.arcangeli@unipg.it; www.unipg.it/personale/laura.arcangeli)
(la stampa.it)