Ogni uomo cerca amore, per sé stesso o per l’altro a cui indirizzare una parte di amore. Sentirsi uomini è un’esigenza naturale in cui ci riconosciamo. Solo nella vicinanza con l’altro ci sentiamo appagati. Sviluppare la prossimità con altri, creare e vivere in comunità fondate sull’amore o su interessi comuni è un diritto umano e proprio in questo accostarci agli altri realizziamo umanità. L’altro è il mio simile ma anche dissimile, per condizione fisica, mentale, culturale. L’altro è colui che indipendentemente dalla sua posizione mi viene incontro, per scelta o necessità.
Laddove l’essere umano si scopre attraverso la scoperta dell’altro e in relazione ad esso, la conoscenza di sé stessi può essere posta a mezzo di conoscenza dell’altro, qualunque sia la sua condizione. Ogni lacuna nella conoscenza di sé comporterà, quindi, eguali limiti nella possibilità di conoscere l’alterità che ci reclama. La mia chiusura alla diversità dell’altro comporterà la sua esclusione. Il mio sforzo di comprensione per la sua alterità creerà invece differenza, un luogo diverso in cui imparare a dialogare.
Il mondo della disabilità è nel pieno diritto di nutrire il desiderio di poter comunicare esattamente il proprio bisogno, chiedendo la giusta comprensione e la lecita accettazione. Se il desiderio dell’uomo si costituisce come il desiderio dell’altro e della prossimità con l’altro, nell’accezione responsabile e progettuale, il desiderio stesso si realizza nella relazione simbolica fra l’Io e il Tu, in un rapporto di riconoscimento reciproco. La relazione simbolica, quindi, sopraggiunge nell’istante stesso dell’umanizzazione e ne costituisce la base fondante, in quanto il simbolo introduce un terzo elemento di mediazione, che modifica entrambi i personaggi.
Il sentirsi amati non è un assunto dato una volta e per tutte, ma una condizione relazionale in continuo movimento, che necessita di conferme e riconoscimenti continui. L’arte delle relazioni umane, infatti, consiste nella capacità di gestire socialmente, con competenza ed abilità, le emozioni altrui, cooperando e stringendo legami di cura che prescindono la condizione fisica dei soggetti. La capacità di sintonizzarsi emotivamente permette l’accesso alla mente dell’altro, nella duplice gradazione di simpatia ed empatia che riguardano, rispettivamente, la comprensione di ciò che l’altro prova, a modo suo, e la condivisione del medesimo sentimento.
Se la funzionalità emotiva viene bloccata, avviene una limitazione, dal punto di vista mentale, dell’accesso al gioco simbolico, alla percezione del Sé, in una parola, all’empatia. La comunicazione emotiva è fondamentale nella costituzione di una personalità sana ed equilibrata indipendentemente dalla condizione fisica. Dall’impossibilità della sintonizzazione emotiva con le figure di riferimento e con il prossimo in generale, si crea spesso l’humus per l’accentuazione di tutti quegli stati di malessere dettati dall’incomunicabilità e dall’inaccessibilità al mondo, che possono decretare l’insorgenza di malattie complesse, o la degenerazione di patologie in atto.
Le nostre emozioni, infatti, riflettono le emozioni e le sensazioni vissute da altri generando cambiamento, in una dimensione di reciprocità basilare che ci permette di accogliere l’altro, qualsiasi altro, come simile a noi. Come scrisse il filosofo Merleau Ponty: <<A partire dal momento in cui ho riconosciuto che la mia esperienza, appunto in quanto mia, m’apre a ciò che non è me, e che io sono sensibile al mondo e ad altri, tutti gli esseri che il pensiero oggettivo poneva alla loro distanza mi s’avvicinano singolarmente.>> Noi uomini, in sostanza, ci troviamo rispetto agli altri uomini in una sorta di consonanza intenzionale. L’affinità con gli altri uomini non è nient’altro che un poter far loro eco, comprendendoli e rispondendo loro in un rapporto reciproco senza interruzione.
La condivisione delle emozioni è una dimensione che richiede apprendistato alla vicinanza e all’ascolto, appartiene ai territori della conoscenza, della comprensione e dell’educazione all’autenticità. Nella malattia, invece, la tendenza a formare un mondo alimentato da una concezione delle cose fantastica e personale, talvolta giunge alla negazione totale della possibilità d’incontro e dialogo con il mondo-degli-altri. L’esperienza emozionale, in generale, è alla base dell’intuizione e costituisce il terreno per le formulazioni di pensiero. Le emozioni costituiscono la più potente fonte di energia, autenticità e spinta motivazionale umana. Questo feedback, che proviene dal cuore ma mira alla testa, ci permette di costruire relazioni basate sulla fiducia, fornendo una bussola interna per l’orientamento della nostra vita.
Le emozioni ricoprono un ruolo fondante poiché costituiscono la lente discriminante con cui osservare la realtà, e influenzano il modo in cui ci rapportiamo al mondo e la nostra capacità di costruire relazioni. Sono sempre connesse a dei significati e determinano la qualità del nostro essere al mondo. Le emozioni, inoltre, costituiscono processi organizzativi e integrativi che svolgono un ruolo centrale nel coordinare le diverse attività del corpo e della mente, conferendo agli stimoli significati specifici e direzioni motivazionali. In molte forme di disabilità permettono l’instaurazione di legami che annullano le differenze. Le emozioni sono strettamente legate alla qualità delle connessioni neuronali, e collegate alla capacità di modulare ed attribuire, in base ad esse, significati alla realtà, qualunque essa sia, senza i quali la vita perde ogni suo senso. In sostanza ci permettono di annullare le barriere e volare al di sopra di ogni strumentale incomprensione.
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