La cosiddetta “riforma” pensionistica Fornero, com’è noto, ha rivisto profondamente le regole e i criteri di calcolo pensionistici.
Le principali novità sono state introdotte dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) e dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (convertito con modificazioni dalla Legge 24 febbraio 2012 , n. 14).
Sintetizzando di molto, attualmente vige la “nuova” pensione di vecchiaia e la pensione anticipata.
Per raggiungere il diritto alla pensione di vecchiaia è necessario disporre di almeno 20 anni di versamenti contributivi e aver raggiunto una determinata età.
Si è partiti dal 2012 fissando limiti di età diversificati fra maschi e femmine, dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi, prevedendo però un aumento progressivo per l’adeguamento all’attesa di vita.
Nel 2020 tale limite sarà per tutti (maschi e femmine, pubblici, privati e automi) fissato a 66 anni e 11 mesi.
Per frattempo, nel 2013 l’età prevista per i lavoratori (maschi) dipendenti ed autonomi è di 66 anni e tre mesi, stessa età per le lavoratrici dipendenti pubbliche; 62 anni e 3 mesi per le lavoratrici dipendenti private e infine, 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome.
Per compensare le nuove regole che diventeranno sempre più stringenti e per favorire chi ha iniziato a lavorare in giovane età, la “riforma” ha introdotto la pensione anticipata.
La pensione anticipata viene concessa a chi ha un’anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese se uomo o 41 anni e 1 mese se donna. Questi requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e per il 2014 e sono soggetti anch’essi all’adeguamento alla speranza di vita.
Per richiedere la pensione anticipata non è prevista un’età anagrafica minima, ma per chi la richiede prima dei 62 anni subisce una penalizzazione pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2.
Ad esempio: chi va in pensione a 59 anni, ha una penalizzazione del 4%.
La penalizzazione incide sull’ammontare della pensione e fa riferimento alle anzianità contributive maturate prima del 1 gennaio 2012.
La Legge 14/2012 ha precisato un elemento: le penalizzazioni, limitatamente alle persone che maturano l’anzianità contributiva entro il 31.12.2017, non operano se quell’anzianità contributiva “derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.”
Nel conteggio del 42 anni e 2 mesi (2013) per i maschi, e 41 anni e 2 mesi per le femmine, si conteggiano quindi solo i “giorni” di lavoro effettivo, oltre alla maternità (obbligatoria), la leva, le assenze per malattia o infortunio. Altre “assenze” non sono contemplate.
Non sono, quindi, inclusi nel conteggio dell’anzianità contributiva:
- l’astensione facoltativa di maternità in costanza di rapporto di lavoro (art. 35. Decreto legislativo 151/2001) anche se riscattati;
- i permessi mensili previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992 (sia fruiti per l’assistenza a familiari con disabilità che quelli usati dalle stesse persone con disabilità lavoratrici);
- i congedi retribuiti per l’assistenza a familiari con grave disabilità (art. 42, Decreto legislativo 151/2001);
- le maggiorazioni di servizio virtuali a qualsiasi titolo (invalidità Legge 388/2000, vittime del terrorismo, dell’amianto ecc.);
- i periodi relativi ai riscatti di laurea, specializzazione, diplomi professionali anche se oggetto di ricongiunzione (Legge 29/1979);
- le assenze per sciopero;
- i permessi per i donatori del sangue;
- i periodi di disoccupazione se non hanno dato titolo all’accesso alla cassa integrazione guadagni, anche se oggetto di ricongiunzione (Legge 29/1979).
Vediamo gli effetti di questa limitazione.
Il lavoratore, di età inferiore ai 62 anni, per non subire penalizzazioni, deve raggiungere – come già detto – i 42 anni e 2 mesi di contribuzione effettiva (41 e 2, se donna). Se i permessi lavorativi, i congedi o altre assenze, non consentono di raggiungere quel limite minimo, dovrà proseguire il servizio effettivo fino al raggiungimento del limite prescritto o attendere il raggiungimento dell’età utile per il pensionamento di vecchiaia.
Al momento attuale la situazione per la pensione anticipata è quella descritta. Solo un intervento legislativo (che può essere di iniziativa parlamentare o governativa) può modificare le disposizioni già vigenti e sanarne gli effetti di notevole entità per i lavoratori che si trovano in prossimità della pensione.
(handylex.org)