Pedius, l’App con bocca e orecchie ecco il modo per far telefonare i sordi

Dopo avere parlato in un articolo precedente di una novità tecnologica per chi è affetto da disabilità visiva, vi propongo, adesso, un articolo che illustra una diavoleria tecno per chi è affetto da disabilità uditiva.

In italia ci sono giovani davvero sorprendenti come Lorenzo Di Ciaccio  che ha creato Pedius.  È un’app (su Android) che sfrutta tecnologie di riconoscimento e sintesi vocale, permettendo all’utente, scrivendo in una normale chat, di dare voce alle parole attraverso una voce artificiale.

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di Rosita Rijtano

Pedius, l'App con bocca e orecchie ecco il modo per far telefonare i sordi

Lorenzo di Ciaccio

 

NOTTE fonda. Gabriele Serpi ha un incidente, deve chiamare i soccorsi stradali, ma non può: è sordo. Non è il solo: sono settanta mila i non udenti in Italia, 600 mila negli Stati Uniti, ottanta milioni nel mondo. Per loro nasce un’applicazione mobile con bocca e orecchie. Si chiama Pedius, ha poco meno di un anno, e vuole sostituirsi al “Telefono ponte”. “Un servizio che funziona solo in determinati orari, male e non in tutte le regioni d’Italia”, spiega l’ideatore dell’App Lorenzo di Ciaccio, ventotto anni. L’utente può scrivere in una normale chat e una voce artificiale trasforma i suoi messaggi grazie a tecnologie di riconoscimento e sintesi vocale. Un’idea nata per esigenze personali? Niente affatto. “Mi chiedono sempre se ci abbia pensato perché ho dei parenti sordi. La risposta è no, non li ho. Il seme di una buona start up non dovrebbe essere la soluzione ai propri problemi, ma a quelli altrui”.
Una premessa necessaria per Pedius. È il maggio 2012. Sul divano di casa c’è Lorenzo: lavora come tecnico informatico, progetta software per automobili, l’audio è il suo pane quotidiano. Alle spalle ha una laurea triennale, in cantiere un brevetto e una tesi specialistica in arrivo. Una vita perfetta, se non fosse per la noia lacerante. Sullo schermo della tv accesa: la storia di Gabriele: “In me è scattato qualcosa. L’indignazione è stata così forte che ho deciso di impegnarmi e usare le nuove tecnologie per migliorare la sua qualità di vita”.

 Una disabilità silenziosa, la sordità, spesso ignorata, invisibile dall’esterno che riguarda le relazioni personali, e persino per rappresentarla è necessaria un’altra persona che parli. Spiega Lorenzo: “Un mondo fin troppo trascurato. Dovevo agire”.
Università, posto fisso: Lorenzo molla tutto, incontra Gabriele e torna a vivere in casa dei genitori. Quando sua madre ha saputo, ha pensato fosse matto. “Ancora mi maledice”, scherza. Lui non le ha dato ascolto e ha scelto di realizzare il sogno. Sull’onda dell’entusiasmo per le imprese innovative, credeva fosse facile. Nulla di più sbagliato. Tra burocrazia e inizio del progetto ha speso tutta la liquidazione. Perché “se hai un desiderio nel cassetto, devi impegnarti fino in fondo”, dice. “Le idee non valgono nulla, se non hai il coraggio di portarle avanti”, è il suo motto. Coinvolge tre amici e apre il primo ufficio nello scantinato di casa, ventiquattro ore di lavoro no stop. Un incubo: “Molti pensano sia bellissimo. In realtà non c’è niente di più terribile, è come se lavorassi sempre. Non stacchi mai”. Poi finalmente i risultati: completa il prototipo per Android e arrivano i primi successi. Nel maggio 2012 vince il round italiano della “Global social venture competition”, finalista a Berkeley, e al concorso della Bocconi di Milano, menzione speciale come start up e-health da parte della fondazione Filarete. Finanziamenti neanche a parlarne. Solo tante pacche sulle spalle. “Bravi ragazzi, continuate così”, la solfa. Sì, ma i soldi? “Gli unici spesi fino ad ora sono i miei. Si parla tanto di start up, ma in Italia ci sono pochi investitori e ancor meno sono quelli interessati a finanziare un’impresa sociale che non può distribuire gli utili, e prevede una gestione dinamica delle quote societarie per evitare la speculazione. La prima obiezione è: non ci sono molti sordomuti nel mondo”.
Conciliare la missione sociale e le esigenze di mercato è difficile, ma “l’idea viene prima”, assicura. Gettare la spugna? Mai. O, almeno, non fino a che riesce a realizzare gli obiettivi step by step. Il primo è stato raggiunto: realizzare il prototipo entro un anno. Al momento l’applicazione può essere scaricata gratuitamente dal sito e pagando un canone mensile si potrà presto chiamare chiunque. Non solo i numeri d’emergenza: “Puntiamo a una partnership con gestori di pizzerie, ristoranti e altri enti verso cui le telefonate saranno gratuite”. Lorenzo non demorde. “Il prossimo passo è offrire un servizio stabile in Italia da settembre e speriamo di raggiungere tremila utenti per la fine del 2013. Poi l’internazionalizzazione, abbiamo già un prototipo funzionante in tre lingue (inglese, spagnolo e italiano), cercheremo contatti con le associazioni e le comunità europee di non udenti per diffondere rapidamente il nostro servizio”.

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