Paraplegico torna a camminare dopo un incidente in moto: è Paolo Baldassini, secondo paziente in Italia

L’uomo di 55 anni è anche fra i primi 7 pazienti al mondo ai quali è stato impiantato un neurostimolatore midollare. Grazie al dispositivo, ora arriva a percorrere già circa 300 metri. L’intervento eseguito il 10 luglio al San Raffaele di Milano

Il destino è destino. Se nasci in un paese della «Motor Valley d’Italia» che si chiama Ceparana, frazione del comune di Bolano, provincia di La Spezia, cresci a pane e due ruote. Dal 1979 al 1982, il team del mitico Roberto «Gallo» Gallina prepara proprio lì le Suzuki che hanno portato i piloti Virginio Ferrari a piazzarsi al secondo posto nel motomondiale, Marco Lucchinelli e Franco Uncini a vincerlo.

Una «passionaccia» anche per Paolo Baldassini, che di anni oggi ne ha 55 ed è diventato il secondo paziente paraplegico in Italia – e uno dei sette nel mondo – a riprendere a camminare grazie ad un neurostimolatore midollare impiantato il 10 luglio scorso all’Irccs San Raffale di Milano da un team di neurochirurghi guidato dal professor Pietro Mortini, primario di Neurochirurgia e ordinario presso l’Università Vita – Salute San Raffaele, in collaborazione con un gruppo di ingegneri dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa diretto dal professor Silvestro Micera, esperto di fama internazionale.

Il primo intervento

A fare da apripista ad aprile, sempre operata al San Raffaele, era stata una giovane di 32 anni, vittima di un incidente sportivo che le aveva causato una lesione del midollo spinale, anche lei come Paolo tornata a camminare, prima con l’ausilio del deambulatore e ora con le stampelle. La passionaccia: «Quella per le due ruote, con o senza motore, è una tradizione di famiglia — racconta Baldassini—. Mio nonno e mio padre correvano in bicicletta e così ho fatto pure io. A 16 anni però mi hanno investito: milza asportata, la gamba sinistra malconcia… e ho dovuto appendere la bicicletta al chiodo. Mi sono ripreso molto bene, però, e mi sono buttato sulle due ruote ma col motore». Sui tornanti della Lunigiana e anche in pista. «Solo da amatore. Seguivo i grandi, mi facevo insegnare da loro», dice.

Salvato da un ragazzino

Pane e due ruote. Le stesse che la mattina del 23 luglio 2020 lo portano verso Stadano Bonaparte, a 6 chilometri da Ceparana, dove Paolo ha un appuntamento. A 50 metri dall’arrivo, su un rettilineo, la Bmw sulla quale viaggia urta qualcosa. «Andavo a 40-50 all’ora al massimo. Dai rilievi poi effettuati sembra sia stato abbandonato un mobile o qualcosa del genere. Quella strada era diventata una discarica. Che cosa ricordo? Poco e niente: una forte botta al petto e poi blackout».

E anche allora, il destino viaggia sulle due ruote: quelle della mountain bike di un ragazzino, che passa subito dopo l’incidente, vede pilota e moto sull’asfalto e dà l’allarme. «Mi ha salvato la vita» riflette Baldassini. Il resto appare come un filmato in dissolvenza: i lampeggianti dei soccorritori, la corsa in ambulanza fino a un campo sportivo e il volo in elicottero all’ospedale Cisanello di Pisa. Paolo subisce due interventi, uno alla colonna e l’altro di ricostruzione della gamba.

Il duro responso dei medici

Due settimane di degenza e poi lo trasferiscono nell’Unità spinale dell’ospedale Careggi di Firenze. Quando i medici gli parlano delle sue condizioni, il mondo sembra crollare: il midollo è lesionato e non potrà più camminare. «Per un vulcano come me che non riusciva a stare fermo un secondo, trovarsi bloccato a letto e poi in carrozzina con una montagna di problemi è stato un disastro».Fra Pisa e Firenze, i ricoveri durano quasi sette mesi.

Paolo varca l’uscio di casa, in carrozzina, il 27 febbraio del 2021. «Ho avuto la fortuna di avere vicini la mia ex fidanzata, mio fratello Sandro e mio cugino Michele ma è stato durissima. Non accettavo l’incidente, la paraplegia, la carrozzina. Poi mi sono detto: o mi lascio andare e finisce tutto oppure devo reagire. Così mi sono iscritto in palestra, ho cominciato a fare una vita più o meno normale nel limite delle mie possibilità».

Al tg le immagini della donna impiantata

Il 3 giugno di quest’anno, tornato dalla palestra, Paolo resta sbalordito quando al telegiornale vede le immagini della donna «impiantata» al San Raffaele. Lo guarda altre due volte, legge il nome del professor Mortini e chiama l’ospedale per fissare un appuntamento. «Il 23 giugno sono andato alla visita e mi hanno selezionato. Non ci credevo, sembrava tutto un sogno. Al professor Mortini ho solo chiesto perché avessero scelto me e se sarei potuto peggiorare. Le sue risposte mi hanno convinto».

L’intervento

Il 10 luglio, Paolo entra in sala operatoria ed esce dopo circa 8 ore. Una settimana dopo viene trasferito in Riabilitazione e già il 18 -19 comincia a lavorare prima imbragato in un’apparecchiatura. Poi, via via che la regolazione del neurostimolatore migliora, i primi passi con l’aiuto del deambulatore. Che cosa si sente? «Corrente, come quella degli elettrostimolatori esterni ma dentro il tuo corpo. Senti questa sorta di formicolio che aumenta fino ad arrivare a delle scossette».

L’impianto ha un telecomando con 16 programmi diversi. «Aspetto che parta l’impianto e comincio a camminare. Oggi arrivo a fare circa 300 metri, non tutti di seguito ma quasi, anche se con una persona a fianco. Quindi funziona. Entro fine anno mi auguro di riuscirci in autonomia, perché v oglio andare a trovare l’unica zia che mi è rimasta e che vive in Marocco. Gliel’ho promesso».

Il neurostimolatore per paraplegico
Lo schema grafico dell’intervento

Come funziona il neurostimolatore

Il dispositivo impiantato si compone di due parti: un supporto biocompatibile per 32 elettrodi che viene inserito nello spazio epidurale della colonna vertebrale e un generatore di impulsi (una sorta di pacemaker) simile a quelli utilizzati nei pazienti con aritmie cardiache, inserito sotto la pelle a livello dell’anca, entrambi con una piccola incisione di 7-8 centimetri . Gli impulsi vengono erogati al midollo spinale da dove transitano ai nervi e ai muscoli.

Il pacemaker viene poi programmato per garantire l’attivazione coordinata di tutti i muscoli necessari alla deambulazione.Il controllo delle funzioni dello stimolatore è possibile grazie a una serie di opzioni che possono essere scelte dal paziente in base alle necessità locomotorie della vita quotidiana. Tre i pazienti finora impiantati (l’ultimo il 23 novembre) . Il programma di ricerca avanzata di Irccs San Raffaele e Sant’Anna di Pisa ha ottenuto l’autorizzazione a trattare 10 pazienti in tutto, uno ogni tre mesi.

La promessa a se stesso: tornare in pista

Pane e due ruote. Quello di tornare in sella a una moto, magari in pista, non è un capitolo chiuso per Paolo. «Me lo sono proposto da solo. In 25 anni di pista mi sono rotto un clavicola e un malleolo. Invece con un incidente come questo mi sono praticamente sbriciolato. La pista è molto più sicura». (corriere.it)

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