Owheel è una start-up italiana che punta a rendere le palestre accessibili a tutti, grazie a una carrozzina innovativa, formazione per trainer e un ecosistema inclusivo. Il lancio è previsto a dicembre 2025
Nel mondo del fitness, l’inclusione non è mai stata una priorità. Eppure, oggi qualcosa sta cambiando. A guidare questa trasformazione è Owheel, una giovane start-up tutta italiana che si propone di abbattere le barriere – fisiche e culturali – che ancora rendono le palestre luoghi inaccessibili per molte persone con disabilità.
Il progetto nasce da una constatazione tanto semplice quanto urgente: sebbene siano milioni le persone con disabilità motoria nel mondo, la loro presenza nelle palestre è ancora molto rara. Non certo per mancanza di voglia di allenarsi o tenersi in forma, ma per una carenza strutturale e, spesso, culturale. Gli ambienti non sono progettati per accogliere chi si muove in carrozzina, gli attrezzi non sono compatibili e il personale non è formato per assistere correttamente chi ha esigenze specifiche.
Owheel vuole cambiare tutto questo, creando un vero ecosistema inclusivo: non solo un ausilio tecnico, ma un’intera rete che parte dalla progettazione fino alla cultura dell’accoglienza.
Un’idea semplice, un impatto enorme
Al centro del progetto c’è una carrozzina innovativa, frutto dell’ingegno e della progettazione italiana, capace di adattarsi a qualsiasi macchina da palestra già esistente. Questo significa che, senza stravolgere o modificare gli attrezzi, anche una persona in carrozzina potrà allenarsi in autonomia, lavorando su forza, resistenza o riabilitazione fisica. Ma non finisce qui. «La carrozzina da sola non basta – spiega Silvia Masi, Project Manager di Owheel –. Per questo offriamo anche corsi di formazione ai personal trainer, affinché imparino a conoscere le diverse disabilità, a comunicare con consapevolezza e a guidare correttamente un allenamento inclusivo».
Il percorso formativo è pensato per fornire competenze tecniche, ma anche per abbattere stereotipi e pregiudizi. Alla fine della formazione, le strutture che aderiscono al progetto vengono certificate come “palestre inclusive”. I loro nomi vengono inseriti in un database condiviso con associazioni, centri riabilitativi e medici, così che chi cerca una struttura realmente accessibile possa trovarla con facilità.

Il fitness come cura e prevenzione
I benefici di un progetto del genere sono moltissimi. Oltre al valore simbolico – rendere visibili corpi spesso ignorati –, c’è un impatto concreto sulla salute delle persone con disabilità. La sedentarietà, soprattutto per chi ha mobilità ridotta, può infatti accelerare il deterioramento muscolare, compromettere la circolazione, aumentare il rischio di malattie croniche. Fare attività fisica regolare significa vivere meglio e più a lungo, migliorare l’autonomia, ridurre l’uso di farmaci e i costi sanitari. In un Paese che invecchia e dove la disabilità è sempre più diffusa, investire in prevenzione attraverso lo sport è una scelta strategica.
Un modello italiano che guarda al mondo
Il progetto Owheel non è passato inosservato: è già stato premiato in Svizzera per il suo valore sociale, e gode del pieno sostegno di Kinesis Sport, brand italiano noto per la produzione di attrezzature fisioterapiche. Grazie al loro supporto, il team sta finalizzando i prototipi della carrozzina e definendo la rete di palestre che parteciperanno alla prima fase sperimentale. Il lancio ufficiale è previsto per dicembre 2025, con un’implementazione iniziale in Italia e Svizzera, e successiva espansione in tutta Europa. L’ambizione è chiara: cambiare il concetto stesso di accessibilità nel mondo del fitness. Non più una “aggiunta”, ma un principio fondante.
Costruire un mondo più equo, anche nei luoghi del benessere
In un’epoca in cui si parla sempre più di inclusione, l’accesso alle palestre resta un ambito poco esplorato, se non completamente trascurato. Eppure, lo sport è uno spazio potentissimo di relazione, cura di sé, superamento dei limiti.Per una persona con disabilità, entrare in palestra senza sentirsi un’eccezione o un peso, ma parte di una normalità condivisa, può cambiare radicalmente la percezione di sé. Può significare benessere, autostima, motivazione.
Con la sua proposta concreta e visionaria, Owheel dimostra che l’inclusione non è solo uno slogan: è un progetto realizzabile, che richiede volontà, competenza e alleanze. E soprattutto, parte da un presupposto semplice: tutti hanno diritto al movimento. Tutti hanno diritto a stare bene.
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