Nuovo Isee, procede l’iter ma i timori dei disabili restano

Indennità di accompagnamento e pensione d’invalidità non sarebbero escluse dal computo dei redditi

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sta ultimando in questi giorni la stesura definitiva del regolamento sul nuovo Isee, l’Indicatore della situazione economica equivalente, che sarà adottato dopo il via libera del Ministro dell’Economia e delle Finanze, come decreto del presidente del Consiglio (DPCM). La revisione dell’Isee era stata decisa con la manovra “Salva Italia” (legge n. 214 del 2011). Tra le principali preoccupazioni delle persone con disabilità rimane quella di dover conteggiare anche pensione di invalidità e indennità di accompagnamento ai fini del calcolo dell’Isee, facendolo così lievitare, tanto da far decadere per molti il diritto ad accedere a prestazioni e servizi necessari o, in alternativa, dover pagare una quota di compartecipazione.

OSSERVAZIONI DELLE COMMISSIONI – Altre richieste sono state invece accolte dalle Commissioni Finanze e Affari Sociali della Camera che, agli inizi di agosto, avevano dato parere favorevole al Dpcm, ma con alcune osservazioni. Tra l’altro, le Commissioni hanno chiesto che il governo «confermi l’esclusione dal campo di applicazione del nuovo Isee delle prestazioni assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario», che valuti «l’opportunità – in relazione al trattamento delle persone con disabilità e non autosufficienti nel nuovo Isee – di prevedere un trattamento più favorevole con riferimento a situazioni in cui, in presenza di un reddito della persona disabile molto basso o nullo e, contestualmente, di beni patrimoniali, la detrazione prevista nel nuovo Isee potrebbe non operare pienamente» e, rispetto all’inserimento delle indennità all’interno dell’Indicatore della situazione reddituale (Isr), che «il Governo valuti l’opportunità di intervenire in maniera equitativa aumentando le franchigie e prevedendo uno specifico intervento per le famiglie con figli minori disabili e per i casi di polidisabilità».

LA RISPOSTA DEL MINISTERO – «Dopo l’invio dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari, le richieste sono state attentamente vagliate dal governo e fatte proprio dal provvedimento – fanno sapere dal Ministero del Lavoro -. Non risulta fra le proposte l’esclusione della indennità di accompagnamento e di altre prestazioni esenti dal computo dei redditi, ma eventualmente una revisione delle franchigie. D’altra parte, l’esclusione – precisano – non è nelle possibilità del governo in quanto la norma di delega (art. 5 del decreto legge “Salva Italia”) impone di includere nella nozione di reddito la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale». «Non si può accettare che indennità come quella di accompagnamento e la pensione d’invalidità civile possano essere considerate vere e proprie fonti di reddito – sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva -. Su questo punto chiediamo al Parlamento e a tutte le forze politiche un immediato passo indietro».

RICADUTE – Ma quali ricadute potrebbe avere la riforma dell’Isee sulla vita delle persone con disabilità e le loro famiglie? Marina Cometto, di Torino, ha una figlia di 40 anni con la Sindrome di Rett che ha bisogno di assistenza continua per alimentarsi, bere, respirare. «Nel nostro Comune – racconta – già dall’anno scorso l’indennità di accompagnamento è considerata nel calcolo del reddito per accedere all’assegno di cura (dai 200 ai 400 euro) riconosciuto dalla Regione Piemonte per le famiglie che si fanno carico dell’assistenza: paghiamo dall’anno scorso 70 euro di compartecipazione al mese». Cosa succederà con l’introduzione del nuovo Isee? «Dicono che sarà prevista una franchigia – irrisoria – di poco più di 6 mila euro l’anno per chi una disabilità grave e potranno essere detratte, per esempio, le spese sostenute per l’assistente personale o la badante: ma con quali soldi l’assumiamo, con la pensione di mio marito? – chiede Marina -. Non mi sembra vero che mia figlia possa essere titolare di un reddito come se lavorasse: percepisce circa 700 euro al mese per l’indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità che servono a malapena per consentirle una vita dignitosa e tappare i buchi dell’assistenza, come per esempio pagare un’infermiera di notte o comprare tutto ciò che non passa l’Asl, come un sollevatore per spostarla dal letto alla carrozzina».

PARI OPPORTUNITÀ NEGATE – Aggiunge Simona Bellini, di Roma, mamma di una ragazza cerebrolesa: «L’indennità di accompagnamento serve per cercare di limitare il divario tra chi ha una disabilità e chi non ce l’ha; introdurla nel calcolo dell’Isee è una discriminazione. Se si supera il limite Isee, si è costretti a pagare una quota di compartecipazione alla spesa per poter accedere a prestazioni assistenziali essenziali. Si afferma inoltre che l’aumento del valore dell’Isee viene “compensato” dall’introduzione di franchigie e detrazioni, peraltro non viene considerato il lavoro di cura dei familiari come pure altre spese correlate alla disabilità. Ma che senso ha introdurre un sistema farraginoso che da una parte toglie e dall’altra “bilancia”?». La pensa così anche Ileana Argentin, responsabile del settore disabilità del Partito Democratico: «Sono contraria a rendicontare all’interno dell’Isee indennità di accompagnamento e pensione di invalidità perché sono diritti che ci consentono di avere pari opportunità nei confronti di chi non ha una disabilità. Le franchigie, poi, appesantiscono le famiglie con un ulteriore “carico” burocratico».

DIRITTI «DIVERSI» – Altra questione controversa è se l’Isee sarà davvero un «livello essenziale» su tutto il territorio nazionale o la sua applicazione continuerà ad essere disomogenea da regione a regione, a volte anche tra Comuni della stessa regione. «Già ora c’è una giungla, con diversi limiti Isee fissati da ogni Regione per l’accesso ai servizi – dice Francesco Conti, di Foligno, che ha la mamma con disabilità grave -. Se con la riforma rimane la discrezionalità delle regioni, una volta inserita anche l’indennità di accompagnamento nel calcolo dell’Isee, i limiti dovranno essere rivisti e aumentati. Ma avverrà dappertutto? – chiede Francesco -. Oggi per esempio, il limite Isee per ottenere in Emilia Romagna l’assegno di cura fino a 1200 euro al mese è di 32mila euro, superata questa soglia si paga la quota di compartecipazione. In Umbria, invece, il limite Isee non deve superare 4.800 euro l’anno per poter ottenere appena 50 euro al mese come contributo per un paio d’ore a settimana di assistenza domiciliare, costringendo così molte famiglie a ricoverare i propri cari in strutture residenziali, con costi ben più alti per lo Stato e la collettività».

LIVELLO ESSENZIALE – Nel provvedimento in via di approvazione si conferma che l’Isee è un «livello essenziale», ma c’è scritto anche che «sono fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie, ferme restando le prerogative dei Comuni». «Come anche affermato dal parere del Consiglio di Stato – dicono al Ministero del Lavoro -, non c’è contraddizione tra la definizione di Isee come livello essenziale e le competenze regionali esplicitamente fatte salve nella nuova versione del decreto su richiesta delle Regioni in sede di Conferenza unificata». «Chiediamo una riformulazione del comma relativo – afferma Aceti -. Così come costruito, rischia nei fatti di continuare a mantenere le attuali disomogeneità tra regioni e di vanificare l’obiettivo principale della disposizione, cioè rendere davvero l’Isee un Livello Essenziale sul territorio nazionale».

(corriere.it)

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