Lo specchio della Regina, la disabilità cognitiva in scena è da applausi

La compagnia bolzanina composta da 12 elementi con fragilità intellettivo-relazionale festeggia i 10 anni di attività con una piece che mette lo spettatore di fronte all’altro da sé

Una Regina stanca di dover essere sempre “la più bella del Reame” e il suo Specchio che, stufo di dover ripetere sempre “quello che fanno gli altri”, fugge. La fiaba di Biancaneve riletta in chiave moderna da Antonio Viganò, direttore artistico della bolzanina Accademia della diversità – teatro La Ribalta (che quest’anno festeggia 10 anni di attività) racconta, però, storie diverse. Le “ferite” della Regina e quella dello specchio si fondono con quelle dei 12 attori professionisti con fragilità cognitivo relazionali che compongono la compagnia teatrale.

Poco importa come si chiamino le patologie diagnosticate, le luci del palcoscenico si accendono sulle persone capaci di svelare tratti di verità: «Questo teatro ribalta i ruoli, il palco di solito ingombro di maschere si espone allo sguardo in maniera trasparente e libera a un pubblico che indossa spesso la lenti degli stereotipi», spiega il direttore artistico. Tra Bolzano,  Milano (dal 22 al 24 gennaio) e Roma (dall’11 al 14 aprile), lo spettacolo Lo specchio della Regina porta in scena le lacerazioni: «Tutte le arti hanno bisogno della ferita, è questa che dà origine a un’azione. Magari non per guarire ma per capire», prosegue Viganò che ha iniziato il suo percorso con le fragilità in Francia a cavallo degli anni 2000 quando si trovava a collaborare con la Compagnie de L’oiseau mouche di Roubaix, la prima europea con attori con disabilità.

SVANISCE LA DISABILITÀ

Così la fiaba più celebre di tutti i tempi viene smontata e resa introspettiva per scandagliare l’anima travagliata di ciascuno offrendo una prospettiva nuova sulla bellezza della diversità. Già perché a portare in scena lo spettacolo sono persone che portano i segni di ferite, sul corpo e nella psiche. «Non c’è alcuna differenza dal punto di vista dell’approccio teatrale tra cosiddetti normodotati e attori con disabilità. Ma questi ultimi sono meno sovrastrutturati, non c’è narcisismo. Portano una condizione di verità in scena che trovo straordinaria. Certo, hanno delle ombre profonde e gli spettatori all’inizio vedono la loro condizione fino a quando il talento non prende il sopravvento e cancella le differenze».

DA GABER A BASAGLIA

E così lo specchio e il palco diventano il cancello cantato da Giorgio Gaber nei primi anni settanta, tra il 1973 e il 1974, in Dall’altra parte del Cancello. Un confine allora rappresentato dalle porte sbarrate del manicomio che divideva “sani” da “matti”, varcato e aperto dal cantautore che si chiedeva «in realtà noi cosiddetti sani da quale parte del cancello siamo?». Cinque anni dopo, 45 anni fa, il 13 maggio del 1978, la legge Basaglia sancì la chiusura dei manicomi e riformò il sistema di cura per il disagio mentale. Ma la diffidenza resta, il timore del diverso resta. Fino a quando palco e realtà si fondono nel teatro che «offre un attimo per essere guardati con un’altra curiosità, la possibilità di farsi ammirare in un altro modo», conclude Viganò. Non resta quindi che liberarsi la mente dagli stereotipi e assistere allo spettacolo.

LO STERMINIO NAZISTA

Teatro La Ribalta ha dato vita anche alla mostra “Testimoni dello sterminio”. In 18 pannelli, l’esposizione itinerante informa i visitatori sulla condizione durante il nazismo delle persone con disabilità, quali prime vittime del genocidio di massa dimenticato. Oltre 70 mila persone con disabilità fisiche e mentali sono state uccise tra il 1939 e il 1941 nell’ambito del cosiddetto programma “T4″, dalla Tiergartenstrasse 4 di Berlino, sede della Cancelleria privata di Hitler, luogo di pianificazione dello sterminio dei disabili adulti. (oggi.it)

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