Nel progetto ‘Villa Monteturli’ i protagonisti sono persone con gravi disabilità motorie e psichiche, ritratte dalla fotografa napoletana
Il primo elemento che colpisce osservando i ritratti realizzati da Valentina De Rosa sono i colori brillanti e intensi, con l’energia delle immagini che scaturisce dall’armonia tra le tonalità e gli sguardi dei soggetti, definiti con pennellate di luce naturale. Del resto, la fotografa ha iniziato i suoi studi proprio con il corso di pittura e fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli, proseguendo il suo percorso artistico all’interno del Laboratorio Irregolare a cura di Antonio Biasiucci, una masterclass biennale focalizzata sulla ricerca personale e la fotografia d’autore. È proprio in questa fase che Valentina inizia a realizzare una ricerca sociale e psicologica che ruota intorno alla condizione umana e a i suoi aspetti impercettibili a occhio nudo.
Nel progetto Villa Monteturli, esposto all’ottava edizione del festival Castelnuovo Fotografia, i modelli di Valentina De Rosa sono persone di età diverse con gravi disabilità motorie e psichiche. La “Villa” in realtà è una struttura di riabilitazione estensiva a Firenze che ospita una trentina di pazienti che hanno bisogno di cure e attenzioni particolari. Una circostanza umana che intimorisce ma che viene fortemente esorcizzata nel lavoro dell’artista.
È interessante andare a comprendere il grado di fiducia che Valentina De Rosa instaura con le persone da lei ritratte che per un attimo, solo per un attimo, sembrano dimenticare il luogo in cui si trovano. I soggetti sono sempre al centro dell’inquadratura, cristallizzati, elemento che crea una strana condizione, innaturale e vera insieme, come se trovassero una via di fuga nell’istante dello scatto. La fotografia regala bellezza e libertà. Con Villa Monteturli non ci si trova di fronte a un classico reportage, perché le immagini non denunciano una condizione, tutt’altro: la disabilità viene narrata con delicatezza e profonda dolcezza. È palese come la fotografa sia riuscita creare empatia con i pazienti e a raccontarli con grande rispetto. «Ho iniziato a scattare quando non ero più un’estranea per loro» dice Valentina.
La composizione di ogni immagine è simmetrica e minimale, lo sfondo costituito da pareti di colore diverso, ora giallo, poi verde o turchese, colori che rendono ogni ritratto chiaro e ben definito. Le tinte sempre più accese avvolgono il soggetto in primo piano, smussando a volte la sofferenza o la timidezza oppure, come nel caso dell’uomo su parete verde, alcune disabilità fisiche esterne. Nel tentativo di normalizzazione e di evasione dalla sofferenza attraverso l’immagine, risiede un’influenza stilistica di Diane Arbus che in qualche modo Valentina De Rosa ha attualizzato e portato fino al 2013, anno in cui inizia il suo lavoro a Villa Monteturli.
La paura e di conseguenza il senso di marginalità vengono allontanati attraverso il mezzo fotografico. L’obiettivo ha un potere “espiatorio”, è un passaggio tra i soggetti e il mondo esterno e Valentina De Rosa con grande sensibilità accompagna i suoi soggetti in questo percorso. Si riconosce la capacità di metterli a proprio agio, di aiutarli a trovare una “posa” per tirar fuori quello che vogliono far vedere a chi li osserva. Ne è un esempio lo sguardo della signora con i due fiori, a tratti freddo ma carico e immenso che ti cattura e le conferisce una figura solenne. L’iter di questa ricerca, che possiamo definire iconica e sociale al tempo stesso, non è stato facile; è chiaro come il risultato finale sia l’esito di un rapporto costruito giorno dopo giorno e che ha richiesto molta energia da parte della fotografa. Sono assolutamente innegabili la lucidità e l’attenzione nella definizione dei ritratti ed è notevole la cura artistica nella rappresentazione di un tema così delicato come la disabilità.
(rollingstone.it)
2 Commenti
Complimenti ottimo articolo.
Grazie mille. Mi raccomando condividilo 😉