LAVORO E DISABILITÀ VISIVA: NON METTETECI SOLO AL CENTRALINO

 “Lo scoglio da scavalcare è ancora la mentalità che un non vedente o un ipovedente non garantisce efficienza, ma ciò non è vero” Torniamo a parlare di lavoro e disabilità, stavolta dal punto di vista della persona con disabilità visiva. Lo facciamo insieme a Renata Sorba, non vedente, che racconta la sua esperienza di lavoratrice disabile -centralinista – sottolineando come il suo potenziale sia in parte inespresso. Diamo gli strumenti alle persone per poter dare di più. Questo il contributo di Renata Sorba. Nel momento in cui la mia vista stava calando e ho raggiunto un decimo per occhio, avevo già trentacinque anni e l’unico sbocco che avevo era di intraprendere il lavoro da centralinista. Ho frequentato un corso di un anno, dato l’esame di abilitazione, e solo con il collocamento obbligatorio sono riuscita a trovare lavoro.Sicuramente l’età e le condizioni economiche della mia famiglia mi hanno indotta a scegliere la strada più breve e più rassicurante per trovare un lavoro. Oggi la figura del centralinista non vedente sta scomparendo, sempre meno sono i posti disponibili e  le aziende  non sono così pronte ad accogliere centralinisti. La selezione passante e automatica del servizio telefonico sta vincolando e bloccando le assunzioni obbligatorie nonostante le leggi dicano il contrario. Un non vedente ha la possibilità di intraprendere  altre carriere professionali tradizionali come l’insegnamento e la fisioterapia. Altri professioni stanno emergendo con molta fatica: nel mondo dell’informatica, legale ed imprenditoriale. Lo scoglio da scavalcare è ancora la mentalità che un non vedente o un ipovedente non garantisce efficienza, ma ciò non è vero. Se lo stesso disabile lo si mette in condizione di utilizzare ausili informatici idonei ed adatti al suo deficit e si abbandonasse il senso di scetticismo, ecco che le barriere mentali si potrebbero abbattere. La crisi che ci sta colpendo non favorisce sicuramente il disabile in genere. E’ faticoso trovare un lavoro per una persona “normodotata” e diventa più difficile proporre ed investire progetti su un disabile. Questo fenomeno rende la figura del disabile  un disagio ed un problema in più da risolvere nel panorama già scarso di risorse nel mondo del lavoro. La mia carriera lavorativa si concluderà tra una decina di anni come centralinista, anche se avrei molte più risorse e potenzialità da offrire, ma nel contesto in cui lavoro non mi viene data la possibilità di sfruttarle. Auspico per il futuro che i giovani disabili visivi abbiano più possibilità di lavoro, che le istituzioni e le associazioni di categoria si impegnino a sperimentare nuovi progetti e figure professionali che portino il disabile visivo ad essere un arricchimento per la società e soprattutto per sé stesso.
(Renata Sorba)
(disabili.com)

di Giovanni Cupidi

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