Lavoro e disabilità, la battaglia di Giovanni per chi è stato dimenticato

Oggi si parla di me è di Noi Siamo Immortali sull’Huffington Post! Ringrazio Luca Francescangeli per l’articolo e per aver posto l’attenzione sul mondo del lavoro per le persone con disabilità.

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Ho conosciuto Giovanni “Johnny” Cupidi ormai più di tre anni fa. Aveva lanciato una petizione sul portale Change.org per rivendicare con forza il suo diritto (negato) a ricevere l’assistenza domiciliare dalla Regione Sicilia. Giovanni, infatti, è un dinamico ragazzone di 42 anni, amante della sua Sicilia, con un dottorato in Statistica applicata e un cervello in continua attività.

Per sua sfortuna, dal 1991, è diventato tetraplegico. Il perché sia successo è un mistero per la scienza di allora, come per quella di oggi. Ma le conseguenze di questo “fatto”, hanno inevitabilmente stravolto la sua vita e quella di chi, nel corso degli anni, gli è stato accanto. Eppure Giovanni non si è fatto fermare dalla sua condizione: ha terminato il liceo, poi l’università, infine il dottorato di ricerca. È diventato negli ultimi anni, grazie ai social, uno degli attivisti per i diritti dei disabili più noti d’Italia. Chiedetelo a Jovanotti, PIF, Ficarra e Picone: tutti volti noti che lo sostengono nelle sue battaglie, affinché i disabili e i loro diritti non siano dimenticati.

In queste settimane, ho avuto il piacere di leggere il primo libro di Giovanni, “Noi siamo Immortali, scritto insieme alla giornalista Veronica Femminino e con la prefazione di Lorenzo Jovanotti (ed Mondadori Electa). È una biografia che scorre via veloce, nonostante gli argomenti trattati siano un pugno nello stomaco per noi “normali”.

Tra i tanti, c’è un tema che mi ha colpito particolarmente: il rapporto tra disabili e lavoro.Il lavoro che non esiste, di fatto e salvo rarissimi casi, nonostante ci siano delle precise norme, che dovrebbero tutelare l’inserimento di persone con disabilità nelle aziende private e nelle istituzioni. E senza lavoro il disabile non può realizzarsi come persona, perde la sua dignità. Quella stessa dignità che ogni giorno deve strappare alle difficoltà imposte dalla sua condizione, alla sempre imperfetta o talvolta assente assistenza da parte delle istituzioni, agli occhi pietosi di chi li guarda e vede solo una malattia e non persone.

Eppure ci sono tanti disabili che potrebbero lavorare, che potrebbero diventare cittadini a tutti gli effetti e anche contribuenti per la nostra società. Molti disabili preferirebbero certamente lavorare e avere un reddito, piuttosto che vivere esclusivamente di sussidi statali. Ci sono storie eccezionali, come il chirurgo paraplegico Paolo Anibaldi, che ho avuto la fortuna di conoscere di persona ormai più di 10 anni fa e che oggi è il direttore sanitario dell’ospedale universitario Sant’Andrea di Roma.

Come Giovanni, che potrebbe mettere a frutto la sua mente sveglia e preparata, a beneficio suo e della nostra società. Ma Giovanni non viene messo in condizioni di farlo. E con lui centinaia di migliaia di altri disabili sparsi in tutta Italia.

Di fatto sono cittadini dimenticati e forzati all’inattività lavorativa. Una vergogna italiana che va affrontata e cambiata, il prima possibile.

Giovanni e io presenteremo il suo libro sabato 10 novembre alle ore 11:00, durante il primo Rieti Digital – Festival della Cultura Digitale e dell’Innovazione.

(huffingtonpost.it)

Giovanni Cupidi

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