Italia’s Got Talent, quando lavorare bene rende invisibile la disabilità

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di Simonetta Morelli

Devo dire la verità: pensavo che la televisione ci marciasse un po’, che inserire le persone con disabilità nei vari programmi fosse un po’ una moda. Ma ripensando che, per esempio, Daria Bignardi a Le invasioni barbariche su La7 ha interagito seriamente con la redazione di Radio Shock, la radio dei pazienti del Centro di Salute Mentale di Piacenza, condotti e diretti dal dottor Emanuele Guagnini, come lei stessa ha raccontato su questo blog; o se ripenso che senza accenno di “superomismo”, a Linea Bianca di Rai 1, si è data rilevanza alle scuole di sci e monosci per persone con disabilità (qui un post di Simone Fanti) e alla storia di Nicola Dutto, campione paraplegico di enduro che non è nuovo ad imprese difficilissime in gara con concorrenti senza disabilità, raccontata nel programma Heroes- Lo sport nel cuore di Canale 5, comincio a sperare che con buone probabilità anche in Italia si stia cambiando registro. E la vittoria di Giusy Versace a Ballando con le stelle di Rai 1 ha fatto da apripista nella televisione del varietà.  Ma la grande sorpresa arriva da Italia’s Got Talent condotto da Vanessa Incontrada il giovedì, in prima serata, su Sky Uno HD.

Una ragazza entra in scena, i giudici Claudio Bisio, Luciana Littizzetto, Fank Matano e Nina Zilli la salutano; lei ricambia con un sonoro “buonasera a tutti” e sorride. Sembra felice. “Come ti chiami?” domanda Luciana Littizzetto. Lei sorride ancora e non risponde. Emozione? Chissà. Attimi di attesa in silenzio e parte il filmato che ci mostra chi è lei. Così conosciamo Martina che racconta della sua passione per la danza, lo strumento che l’ha aiutata a superare il suo “problema” (così lo chiama) mettendola profondamente in rapporto con il suo corpo per ascoltarne ogni sensazione. Sì, perché Martina non potendo ascoltare la musica sente con il corpo le vibrazioni. La danza le permette maggiore creatività e la possibilità, infine, di esprimersi in forma artistica. Per il resto, parla benissimo e legge il labiale. Cade così un’altra barriera e impariamo una volta di più che non c’è nulla di scontato nella disabilità (qui il filmato della performance di Martina).

La sua partecipazione segue quella di Shark & Groove, ovvero Giuseppe e Antonio. Giuseppe, la cui focomelia ha forgiato le mani in forma di abbozzo, nel filmato (si può vedere qui) dichiara che senza la sua disabilità non sarebbe più se stesso. Questa coppia di rapper con un bel brano fresco e solare, ha passato il turno delle audizioni come anche Martina.

Il comportamento dei giudici, il loro modo di rapportarsi a persone con disabilità, la proprietà di linguaggio, la naturalezza con cui hanno affrontato una realtà che di solito mette a disagio, effettivamente spiazza spettatori esigenti come me. E come se per un po’ fossi stata vittima di un felice sortilegio, come se la disabilità fosse stata Cenerentola al ballo nel momento del ballo. In effetti, quello è il rischio, soprattutto dopo i passaggi televisivi: di vedere la carrozza che ritorna zucca, gli abiti di scena che tornano stracci e la scarpetta di cristallo, unico residuo reale di quella magia, perduta e contesa da mille speculatori.
Per questo mi è venuto spontaneo pensare che da parte della Produzione chissà quale studio o preparazione  fosse stato approntato per il migliorare l’approccio alle persone con disabilità. E invece no.
Stupore…

«Quando in fase di pre-casting la Redazione ha incontrato almeno una volta tutti i concorrenti che hanno chiesto di partecipare (tutti, nessuno escluso, cioè circa 8000 talentin.d.r.), si è posta la questione di “quale” regola seguire rispetto alle tante persone con disabilità – ci racconta Eugenio Bonacci, chief strategy officer di Fremantle Media Italia che produce Italia’s Got Talent per Sky  Uno HD– Alla fine ha prevalso l’idea che fosse giusto trattarle come tutti gli altri. Così, Martina e il duo Shark& Groove sono arrivati davanti alla giuria perché semplicemente rispondevano a due requisiti fondamentali e uguali per tutti: il valore artistico della performance e la capacità di reggere lo stress che il format comporta»

«La giuria non sa nulla – aggiunge Bonacci – l’elemento sorpresa è fondamentale nel format. La giuria sa solo che c’è una grande varietà di talenti di ogni tipo da visionare. E’ sollecitata solo su questo. Così, quando arriva la persona con disabilità tutto è naturale: è un soggetto come un altro, la disabilità sparisce».
Bonacci racconta ancora che tante persone con disabilità si sono presentate ai pre-casting portate dalle associazioni di cui fanno parte, molte delle quali adoperano l’arte come veicolo e modalità espressiva d’elezione, magari attraverso il canto o la recitazione. « In fondo – aggiunge – queste persone ripropongono sul palco di Italia’s Got Talent le cose che appartengono al loro quotidiano. Perché riservare loro un trattamento diverso?»

E vissero per sempre felici e contenti? Sarebbe possibile se nei commenti in giro per il web si evitasse di sottolineare la “commozione” e si parlasse di sola “emozione” dei giudici. E se si eliminassero del tutto espressioni come “Italia’s Got Talent apre ai meno fortunati”, sarebbe magnifico. Ma noi ci facciamo bastare ciò che c’è di buono e invitiamo la società e il mondo del lavoro a riflettere su quella frase: « abbiamo scelto di trattarli come tutti gli altri», cosa possibile grazie al grande lavoro di squadra di Redazione e Produzione per creare il contesto adatto. Semplice ma non facile. Bisogna solo volerlo.
(invisibili.corriere.it)

di Giovanni Cupidi

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