Interfacce neurali per ridurre le disabilità motorie

Le neuroprotesi, grazie a cui è possibile comandare con il pensiero dispositivi robotizzati, sono una tecnologia matura che potrebbe essere di estrema utilità ai soggetti con mobilità limitata. Lo dimostra una sperimentazione in cui soggetti disabili e soggetti sani sono riusciti a controllare il movimento di un robot remoto solo indossando un casco speciale che rileva l’elettroencefalogramma

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Uno dei soggetti coinvolti nella sperimentazione osserva sullo schermo di un computer i movimenti del robot che controlla da remoto tramite l'elettroencefalogramma rilevato dalla cuffia che indossa (Cortesia Politecnico di Losanna)

Soggetti che soffrono di varie disabilità fisiche possono controllare un robot a distanza solo indossando una speciale cuffia per la registrazione dell’elettroencefalgramma. È la conclusione di una sperimentazione effettuata da ricercatori del Politecnico di Losanna, in Svizzera, guidati da Jose del R. Millán, e descritta in un numero speciale della rivista “IEEE Proceedings” dedicato alle neuroprotesi. Secondo gli autori, il risultato dimostra che queste tecnologie, basate su speciali interfacce di connessione diretta tra sistema nervoso e  circuiti di un computer, sono ormai mature per passare dalle sperimentazioni di laboratorio alle applicazioni pratiche. Si avvicina perciò l’obiettivo di un progetto europeo, avviato nel 2008, chiamato TOBI (Tools for Brain-Computer Interaction).

Nel campo delle interfacce neurali la ricerca ha conosciuto uno sviluppo esponenziale: solo 25 anni fa gli studi erano sporadici, mentre ora si tratta di una grande impresa scientifica che produce centinaia di articoli ogni anno. La maggior parte di queste interfacce è stata applicata ad animali e utenti umani senza disabilità, ma sempre più studi hanno dimostrato le potenzialità dell’applicazione ai soggetti con disabilità.

Di recente, molte tecniche sono state sperimentate nel contesto della neuroriabilitazione, usando diverse tecnologie: il controllo di bracci robotici con microelettrodi impiantati nel sistema nervoso dell’utente, il controllo del cursore di un computer sfruttando un elettroencefalogramma registrato con un apposito casco, o la scrittura di caratteri alfabetici su un computer usando una corticografia subdurale, cioè un’encefalogramma rilevato con elettrodi impiantati all’interno del cranio.

Lo studio di del R. Millán e colleghi  riguardava lo sviluppo di un dispositivo di telepresenza, grazie a cui un soggetto può controllare un robot remoto per interagire con altre persone. Per la sperimentazione, gli autori hanno coinvolto nove soggetti disabili e dieci soggetti sani in Italia, Germania e Svizzera.

Per diverse settimane, i volontari, ciascuno nella propria abitazione, hanno indossato un casco dotato di una serie di elettrodi in grado di analizzare i segnali elettrici del cervello e di controllare il movimento di un robot situato presso il Politecnico di Losanna. I comandi di movimento venivano trasmessi tramite una connessione Internet, mentre il robot restituiva tramite Skype le immagini che riprendeva tramite una video camera.

Tutti i 19 soggetti, compresi i nove soggetti disabili, sono riusciti a gestire agevolmente il controllo da remoto del robot con soli dieci giorni di addestramento, interagendo con chiunque il robot incontrasse sul suo cammino e dimostrando così l’efficacia del sistema. In un sottogruppo dei disabili, costituito da soggetti con qualche capacità motoria residua, il controllo del robot remoto è avvenuto grazie anche ai semplici movimenti che essi erano in grado di fare, per esempio premendo un bottone con un movimento del capo.

Il robot inoltre ha un certo margine di autonomia: per esempio, è in grado di evitare gli ostacoli di fronte a lui anche senza comandi da parte dell’utente e continua sul suo cammino finché non riceve il comando di stop. Il controllo del robot è in sostanza condiviso tra essere umano e computer, permettendo al pilota di concedersi alcune pause durante la navigazione.

Un risultato interessante dello studio è che non è emersa alcuna differenza nella capacità di manovra tra soggetti disabili e soggetti sani.

Quando si potranno vedere le prime applicazioni pratiche di questa tecnologia? È presto per dirlo. Secondo del R. Millán, questo obiettivo potrebbe essere raggiunto se le grandi compagnie assicurative iniziassero a finanziare queste tecnologie.
(lescienze.it)

di Giovanni Cupidi

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2 Commenti

  • Un vero passo in avanti per la tecnologia, un enorme balzo per le protesi mediche, se riusciranno, e sono certo ci riusciranno, a mettere a punto questa tecnologia, abbinandola a protesi meccaniche potranno davvero cambiare la vita di moltissime persone affette da disabilità. È sempre piacevole leggere queste notizie.

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