«Sa qual è l’aspetto più paradossale della faccenda? È che alle aziende in crisi viene concesso di non rispettare gli obblighi della legge sul lavoro delle persone disabili. Così il tasso di disoccupazione, in questa categoria, tocca il 50-70% nel mondo. E le famiglie con un disabile a carico scivolano sempre di più nell’indigenza. Così, oltre all’ingiustizia, aumenta anche la spesa sociale dello Stato. Un circolo vizioso che condanna i meno fortunati e la nostra economia. Non meravigliamoci, allora, se la Corte Ue ci ha condannato su questo punto».
Mario De Luca ha fatto della lotta alle discriminazioni la sua ragione di sua vita. Già responsabile dell’ufficio handicap della Cgil, è stato anche Segretario nazionale della Federazione Italiana Superamento Handicap. Da presidente del Centro Regionale per Ciechi Sant’Alessio Margherita di Savoia, ha posto in essere una vasta opera di risanamento dell’ente all’insegna di moralizzazione, partecipazione e trasparenza, aumentando e qualificando i servizi socio-sanitari per le persone cieche, difendendo e valorizzando il patrimonio immobiliare dell’Istituto. Infine è stato tra coloro che hanno partecipato alla costruzione della legge 68/99 sul collocamento dei disabili. Una norma tra le più progredite nel mondo ma che, al tempo stesso, la Corte europea accusa l’Italia di non applicare.
Perché, ancora una volta, la crisi non fa altro che aumentare la discriminazione.Dottor De Luca, quanto pesa la recessione sui disabili?
«I dati parlano chiaro: sono 750 mila le persone con disabilità iscritte nelle liste di collocamento obbligatorio e, le aziende in crisi sia, pubbliche sia private, possono chiedere la sospensione degli obblighi previsti dalla legge 68/99, legge a tutela del lavoro delle persone con disabilità. Non a caso la sentenza Ue ci invita a porre rimedio a questa situazione al più presto».
Cosa dovrebbe fare il governo secondo lei?
«Per cominciare, potrebbe affrontare la questione dei limiti reddituali relativi alle pensioni degli invalidi civili. L’Inps afferma che il reddito da considerare è la somma di quelli dell’invalido e dell’eventuale coniuge. Invece dovrebbe essere solo quello dell’interessato. Poi sarebbe urgente sostenere il reddito, aumentare le pensioni, gli assegni e le indennità di accompagnamento i cui importi sono ridicoli. Infine auspicherei norme di semplificazione e revisione dei criteri di valutazione di invalidità, riaffermando la centralità dei servizi pubblici e territoriali ai fini della valutazione dell’invalidità».
Il problema è legato solo alla crisi?
«Secondo l’ufficio per i diritti dei portatori di handicap dell’Onu, nei Paesi industrializzati la disoccupazione dei disabili raggiunge il 50-70%. Una tendenza che va avanti da anni, difficile giustificarla solo con la recessione».Cosa non funziona nella legge a tutela dei disabili?
«La 68/99, tra le più avanzate nell’ambito della non discriminazione, è puntualmente e volutamente disattesa, vista la totale assenza di controlli. Oggi, con l’acuirsi della crisi, sappiamo che il 25% dei posti riservati ai disabili è andato in fumo, nonostante la normativa. La legge prevede un 7% di assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili. Risulta che solo il 6,2% delle aziende occupa un disabile e il 2,2% occupa un disabile psichico. In Italia solo il 3% dei lavoratori trova impiego attraverso l’intermediazione pubblica e la formazione riguarda solo il 7% dei giovani e il 6% degli adulti. Ciò accade a causa di sanzioni inadeguate, controlli insufficienti, carenza di ispettori e inesistenza di banche dati».
Questo costringe lo Stato ad aumentare la spesa sociale?
«Magari fosse così. I tagli lineari alle politiche sociali stanno producendo fenomeni di emarginazione se non di vero e proprio impoverimento. La progressiva cancellazione del fondo nazionale per le politiche sociali, il mancato ripristino del fondo per la non autosufficienza, il taglio del 75% del fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili, le pensioni di invalidità ferme a circa 250 euro mensili, gli interventi che tagliano in sanità e altre prestazioni degli enti locali aggravano ulteriormente il quadro».
In questo scenario quale sarà l’obiettivo del forum regionale sulle disabilità, di cui lei è il portavoce?
«Il Forum è una rete informale di associazioni e persone che si occupano del sociale e in particolare della disabilità. Vogliamo riprendere il percorso intrapreso qualche tempo fa per riaccendere il dibattito tra associazioni e istituzioni sui temi più sentiti dal mondo della disabilità. Tra questi quelli del lavoro, dell’autonomia e della parità di genere senza dimenticare l’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali. Il lavoro del Forum è finalizzato anche alla sensibilizzazione e alla conoscenza dell’argomento per l’elaborazione di idee e progetti volti al miglioramento delle condizioni di vita delle persone disabili».
Quali saranno le iniziative che il Forum sosterrà?
«Tra le prime battaglie ci sarà quella del prepensionamento dei genitori con disabili gravi. La raccolta firme delle varie associazione impegnate è già arrivata a 200 mila consensi. Come Forum chiederemo di esonerare almeno i lavoratori genitori di disabili gravi dal previsto slittamento contenuto nella riforma delle pensioni. Inoltre chiediamo il varo di una legge sul “caregiver” familiare: il lavoro che ogni giorno i familiari dei disabili svolgono deve essere riconosciuto sotto il profilo previdenza».
(iltempo.it)
di Giovanni Cupidi