I disabili gridano il diritto alla salute

di Chiara Lalli

Per la terza volta persone con disabilità e patologie invalidanti tornano davanti al Ministero dell’Economia per chiedere attenzione e finanziamenti adeguati

Davanti al Ministero dell’Economia ci sono persone con disabilità e patologie gravemente invalidanti arrivati da tutta Italia. Insieme a loro ci sono parenti e amici che li hanno accompagnati: “È la politica che deve decidere. Basta rinviare”, c’è scritto in uno dei cartelli. Come si può leggere nel sito dell’Associazione 16 novembre, sono venuti a chiedere quanto dovrebbe essere scontato, ovvero: il “ripristino del fondo della non autosufficienza per un importo non inferiore a 600 milioni. L’impegno del governo a incanalare con decreto dettagliato 500 milioni per le patologie gravemente invalidanti, con contributo rapportato al bisogno assistenziale legato all’ingravescenza. Il riparto fra le regioni dovrà essere fatto in funzione del tasso di prevalenza delle patologie interessate. L’erogazione di un contributo annuo di 20.000 euro per ogni persona portatrice di malattia neurodegenerativa progressiva, con tracheostomia, in ventilazione meccanica 24 ore su 24 e tetraparesi con allettamento; casi di coma bisognosi di assistenza 24 ore su 24”.

Oggi i manifestanti tornano davanti al Ministero dopo esserci già stati lo scorso 16 novembre 2010 “quando – si legge ancora nel sito dell’Associazione – abbiamo ottenuto 100 milioni per la Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA.
 Successivamente siamo tornati davanti al Ministero per sbloccare la situazione: solo un DPCM ha permesso un decreto di riparto fra le regioni”. Il presidio è riunito da stamattina alle 10.30 in via XX Settembre, a Roma. La richiesta principale è lo sblocco del fondo per la non autosufficienza. Il fondo dovrebbe anche essere incrementato, perché rispetto al passato è stato fortemente ridotto (dai 2 miliardi e mezzo del 2008 ai 275 milioni di euro di oggi) e l’organizzazione dovrebbe essere rivista. L’assistenza domiciliare è un punto cruciale, non solo per andare incontro ai desideri dei pazienti, ma anche per ragioni economiche: secondo il Comitato potrebbe esserci un risparmio di 750 milioni di euro l’anno.

Al presidio ci sono anche Maria Antonietta Farina Coscioni, presidente onorario dell’Associazione Luca Coscioni e Filomena Gallo, segretario dell’Associazione. In una dichiarazione congiunta ricordano che “il 31 dicembre 2012 sarebbe dovuto essere emanato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il decreto sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e il 31 maggio 2013 sono scaduti i termini per l’aggiornamento del Nomenclatore tariffario: nulla è stato fatto per i malati, presi ripetutamente in giro da un Governo indifferente e burocratizzato. I malati sono in una situazione disperata, abbandonati a loro stessi”

Al di là delle questioni tecniche, le richieste sono semplici e hanno a che fare con il diritto fondamentale alla salute: l’assicurazione dell’equità nell’accesso all’assistenza e la garanzia di tale assistenza – che oggi spesso è a carico quasi esclusivamente dei familiari – la qualità delle cure e l’adeguatezza ai casi specifici e alle esigenze particolari. I pazienti chiedono di non dover affrontare ulteriori difficoltà oltre alla condizione già difficile in cui vivono.
(Giornalettismo)

di Giovanni Cupidi

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1 Commenta

  • Chiara

    E ancora abbiamo la faccia tosta di definirci un Paese civilizzato. Che costringe i più deboli tra i deboli a diventare forti e scendere in piazza per far capire che un diritto inalienabile, il diritto a vivere, non è un privilegio.

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