Il Consiglio di Stato ribalta la decisione del Tar piemontese che aveva annullato due delibere con le quali si classificano le prestazioni di assistenza al di fuori del bilancio della sanità. Tra gli “sconfitti” anche il Comune di Torino
Non spetta alla Sanità regionale coprire i costi per le prestazioni socio-assistenziali a domicilio. Anzi, essendo il Piemonte sottoposto al piano di rientro l’eventuale accollo di queste spese nel capitolo sanitario sarebbe stato illegittimo. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato che, ribaltando la sentenza emessa dal Tar del Piemonte poco meno di una anno fa, ha dato ragione all’assessorato di corso Regina il quale aveva, appunto, impugnato il pronunciamento del Tribunale amministrativo che, accogliendo il ricorso di alcune associazioni di volontariato e delle famiglie dei malati, aveva annullato due delibere del 2013 con le quali si classificavano le prestazioni non professionali di assistenza tutelare alla persona come al di fuori dei livelli essenziali di assistenza, i Lea. Il rischio, paventato, di non vedere più erogati gli assegni era stato scongiurato tramite il pagamento a carico dell’assessorato alle Politiche Sociali. Una soluzione temporanea
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Il provvedimento dei giudici amministrativi, che fissava ancora in quello della Sanità il settore competente per l’erogazione dei fondi per la non autosufficienza, aveva provocato più di una fibrillazione in Regione. In ballo vi sono non pochi milioni di euro. Certo la questione si mostrava all’apparenza meramente formale, visto che i soldi vengono sempre erogati dall’ente di piazza Castello, ma il punto era (ormai dopo la decisione di Palazzo Spada) un altro, come all’epoca aveva spiegato l’uomo dei conti della giunta Chiamparino, Aldo Reschigna: “Si rischia di alterare l’equilibrio del bilancio della sanità, con conseguenze per l’uscita dal piano di rientro”. Ed era stato lo stesso vicepresidente a indicare la soluzione nel ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. “Una decisione tecnica imposta dal Ministero dell’Economia per poter mantenere la strada dell’uscita dal piano di rientro dal debito sanitario – avevano spiegato nei mesi scorsi gli assessori alla Sanità e alle Politiche Sociali Antonio Saitta e Augusto Ferrari – alla quale però la giunta regionale ha affiancato una scelta politica forte, quella di incrementare di 15 milioni di euro del fondo sanitario la quota destinata alla non autosufficienza che sale così da 265 a 280 milioni di euro per l’anno in corso”.
Un via quella imboccata dall’esecutivo aspramente contestata dal M5s che aveva bollato come “inaccettabile il ricorso al Consiglio di Stato per non pagare le prestazioni di assistenza da parte di operatori non professionali alle persone non autosufficienti ” aggiungendo che “quando era all’opposizione, il Pd aveva inscenato vibranti proteste contro la decisione di considerare extra Lea le prestazioni domiciliari per non autosufficienti ora difende queste scelte, non solo in Consiglio regionale ma addirittura nelle aule dei tribunali”. Per i grillini “i soldi per garantire le prestazioni non professionali di assistenza ai non autosufficienti si devono trovare all’interno del bilancio sanitario regionale, anche opponendosi ai tagli del Fondo Sanitario Nazionale”.
A sostenere la tesi contraria a quella della Regione, non solo le associazioni dei famigliari dei pazienti e quelle degli operatori promotrici del ricorso al Tar adesso annullato nel grado successivo, ma anche 18 consorzi e 14 Comuni in maniera diretta, tra questi quello di Torino. Con la «riclassificazione degli interventi domiciliari in lungoassistenza come extra Lea – è la tesi sostenuta da Palazzo di Città, tramite i legali – sostanzialmente trasferisce la “garanzia” di tali prestazioni ai Comuni» e quindi al settore dell’assistenza, i cui interventi sono erogati in base a criteri di beneficenza e vincolati alla disponibilità di risorse.
La sentenza emessa a Roma si pronuncia solo sul ricorso della Regione contro la decisione del Tar circa i ricorsi delle associazioni, ma è evidente come la stessa ha effetto – come precedente – anche su quanto sostenuto fino ad oggi, e ad oggi corroborato dalla decisione dei giudici amministrativi regionali, dai Comuni, Torino compreso. Anche per questo raccontano di una Elide Tisi, l’assessore all’assistenza della giunta di Piero Fassino, parecchi0 incupita ed irritata dopo aver appreso della vittoria incassata da Piazza Castello.
(lospiffero.com)