La disabilità spiegata a tutti con la dura vita di un ciclope

Oleksandr Shatokhin ha scritto un libro per bambini che non è affatto (solo) per bambini. Si intitola La dura vita del Ciclope e ribalta millenni di stereotipi

«Qui un uomo aveva tana, un mostro, / Che greggi pasceva, solo, in disparte, / E non si mischiava, / Ma solo viveva, aveva animo ingiusto. / Era un mostro gigante; e non somigliava / A un uomo mangiator di pane, ma a picco selvoso / D’eccelsi monti, che appare isolato dagli altri». Così Omero, che pure per la leggenda era cieco e avrebbe dovuto avere un minimo di pietas per i disabili, dipinge nell’Odissea Polifemo. Né sarà diversa la descrizione che ne farà Virgilio nell’Eneide: «Mostro orrendo, difforme e smisurato, / Che avea come una grotta oscura in fronte / In vece d’occhio, e per bastone un pino, / Onde i passi fermava». Quello era, nei secoli lontani popolati di sciàpodi (uomini con un piede solo) e blemmi (uomini senza testa), cinocefali (uomini con la testa di cane) e panozi (uomini dalle orecchie enormi) e altre figure abnormi, l’immaginario collettivo dei nostri antenati fino alla definizione dell’Homo sapiens monstruosus, l’infelice e spaventosa creatura delineata nel Settecento dallo «scienziato» Carl von Linné.

Eppure già nel XIII secolo, come ricorda Umberto Eco nella sua formidabile Storia della bruttezza (Bompiani, 2007), il teologo, storico e predicatore Jacques de Vitry, anticipando visioni future sulla diversità, aveva ammesso: «Probabilmente i ciclopi, che hanno un solo occhio, si stupiscono di coloro che ne hanno due, come noi ci meravigliamo di coloro e di creature con tre occhi». Una tesi ripresa oggi da un geniale illustratore ucraino, Oleksandr Shatokhin, che ha scritto per l’editore Il Portico di Bologna un testo per bambini che non è affatto (solo) per bambini. Si intitola La dura vita del Ciclope. Libro di narrativa per le scuole elementari e pagina dopo pagina ribalta completamente millenni di stereotipi fin dalle prime righe.

Ciclope
Pierre il ciclope

«Ciao, mi chiamo Pierre, e sono un ciclope. Quindi ho un occhio solo. La vita non è affatto semplice per noi ciclopi. Tipo che mi sveglio la mattina, ho voglia di stropicciarmi gli occhi, ma non posso! Perché di occhi ne ho uno solo». Non è un mostro: è un disabile. «Ora immaginatevi la scena: sto cucinando il mio adorato tortino di cipolle, e mi finisce nell’occhio un po’ di fastidioso succo di cipolla. Strizzo gli occhi, non vedo nulla, continuo a lacrimare… Tutto è perduto! Eh, se solo avessi un secondo occhio, sarebbe tutta un’altra storia. Per non parlare degli occhiali! Per noi ciclopi è molto difficile scegliere gli occhiali. In realtà, più che difficile, è impossibile!»

Il «Mostro-Bus»

Meno male che il nostro Polifemo-Pierre è pieno di amici. Come Liza, che «non può camminare, quindi se ne va in giro su una sedia a rotelle» ma lui, pur avendo un occhio solo, è in grado di darle una mano su e giù per le scale e ad affrontare, sull’infida strada per andare a scuola, il più pericoloso dei nemici, il «Mostro-Bus», un autobus normale alla portata di tutti ma «solo uno scavezzacollo oserebbe salirci sopra in sedia a rotelle». Morale: grazie a quell’aiuto, «nonostante tutti gli inconvenienti che le capitano ogni giorno, Liza rimane allegra e vuole godersi la vita al massimo».

E così, di illustrazione in illustrazione, il simpatico ciclope presenta via via ai lettori una serie di amici disabili. Meglio: diversamente abili. Ecco «il Sig. Marco che non vede niente. Noi ciclopi abbiamo un occhio ciascuno, mentre lui vede sempre e solo l’oscurità». Cieco, ma in grado di suonare meravigliosamente il pianoforte al punto di potersi mantenere con dignità girando tutto il mondo per fare i suoi apprezzatissimi concerti. Ecco il signor Luis Braille, il figlio di un sellaio parigino che, rimasto cieco quand’era ancora piccolo inventò il codice di scrittura per ciechi che avrebbe preso il suo nome e del quale il libro di Shatokhin riporta un esempio pratico, incitando all’esercizio i piccoli lettori. E poi ancora un nuovo amico che è sordo ma apprezza la musica e il ritmo perché «si è scoperto che le persone con problemi di udito possono percepire la musica in un altro modo. Captano le vibrazioni musicali col corpo».

I libri d’infanzia

E avanti avanti La dura vita del Ciclope dimostra, a dispetto di chi pensa che i libri per infanzia possono essere soltanto libricini di puro svago con l’ochetta, il cagnolino e il canguro impegnati a essere i più infantili e frivoli e bambineschi possibile, che si può parlare di disabilità ai piccoli cittadini che crescono nel modo più semplice, facile, «coccolo». E insomma educativo nel senso più nobile e più pieno. Un piccolo capolavoro sorridente che indica ai bambini anche alcuni modelli.

Come l’australiano Nick Vujicic, nato senza braccia e gambe per la tetramelia, fondatore dell’associazione Life Without Limbs. Il cantante e pianista cieco Stevie Wonder. La scrittrice e attivista americana Helen Keller che, rimasta sorda e cieca ad appena due anni riuscì a imparare a leggere, scrivere, parlare, e studiare il francese, il tedesco, il greco e il latino fino a laurearsi e dare alla stampa una dozzina di libri e diventare celeberrima col film Anna dei miracoliche trionfò agli Oscar nel ‘62. O ancora il grande Stephen Hawking, lo scienziato scopritore dei buchi neri che negli ultimi anni, prigioniero del corpo paralizzato, poteva comunicare solo col battito d’una palpebra eppure teneva conferenze come quella in cui spiegò: «I buchi neri non sono così neri come li si dipinge. Non sono prigioni eterne, come un tempo si pensava. (…) Così, se senti di essere in un buco nero, non arrenderti: c’è sempre una via d’uscita».

Un’immagine straordinaria, in qualche modo ripresa dal Ciclope di Shatokhin: «Grazie ai miei piccoli ciclopi, ho capito che non importa se hai due occhi o uno solo o se non riesci a vedere proprio niente. Non importa se senti bene, male, o non senti niente. Non importa se cammini bene, se zoppichi o non cammini affatto… Ciò che conta è non arrendersi mai…».(corriere.it)

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