Indennità di accompagnamento e pensione di inabilità vanno garantite anche ai cittadini stranieri con gravi disabilità che soggiornano legalmente nel nostro Paese: un diritto che non può essere subordinato al possesso della carta di soggiorno di lungo periodo. Lo ha ribadito una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 40, dichiarando illegittima la legge n. 388 del 23 dicembre 2000 nella parte in cui subordina l’erogazione delle prestazioni al requisito della titolarità della carta di soggiorno.
A sollevare la questione di legittimità erano stati i Tribunali di Urbino e Cuneo. Al primo si era rivolto un cittadino straniero al quale l’Inps aveva negato l’indennità di accompagnamento per il figlio, pur essendoci i requisiti sanitari, perché il ragazzo era privo della carta di soggiorno di lungo periodo. Al Tribunale di Cuneo, invece, aveva fatto ricorso un altro cittadino di un Paese non comunitario: la Commissione medica lo aveva riconosciuto invalido con totale e permanente inabilità lavorativa e impossibilitato a muoversi senza l’aiuto di un accompagnatore, ma l’Inps aveva respinto le domande per ottenere la pensione di inabilità civile e l’indennità di accompagnamento, in quanto privo dello stato di lungo-soggiornante.
La Corte Costituzionale ha accolto le loro richieste pronunciandosi con una sentenza unica. «Richiamando anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte ha ribadito che persone con disabilità di Paesi non comunitari non possono essere discriminate in base alla loro cittadinanza – commenta l’avvocato Angelo Marra, coautore del volume “Disability studies” -. Al pari dei cittadini italiani, coloro che soggiornano nel nostro Paese, anche se privi della carta di soggiorno di lungo periodo, hanno diritto ad accedere a prestazioni come pensione di inabilità e indennità di accompagnamento. La prima spetta a chi ha una invalidità totale e permanente del 100% e non supera determinati limiti di reddito personali – chiarisce l’avvocato -, la seconda a chi, oltre ad essere invalido al 100%, è impossibilitato a compiere gli atti quotidiani della vita, per cui ha bisogno di un’assistenza continua».
Già in passato la Corte si era pronunciata definendo «manifestamente irragionevole» subordinare l’attribuzione di prestazioni assistenziali, che presuppongono uno stato di invalidità e disabilità, al possesso della carta di soggiorno di lungo periodo. «Per ottenere il suo rilascio, però, occorre avere un determinato reddito – fa notare Marra -. Al contrario, per accedere a una prestazione come la pensione di inabilità non bisogna superare una soglia minima. La sentenza della Corte, come tutte le altre sentenze emesse da quest’organo – chiarisce l’avvocato – ha efficacia erga omnes, cioè è valida per tutti i cittadini».
di Maria Giovanna Faiella
(corriere.it)