La Direzione Generale per la cooperazione e lo Sviluppo del ministero degli Esteri ha dato il via al Piano di azione sulla disabilità, seguengo un processo condotto assieme alla Rids (Rete italiana Disabilità e Sviluppo).
I cinque “pilastri” del Piano
La Farnesina ha dato il via al “Piano di azione sulla disabilità” della Cooperazione italiana” frutto di un processo partecipativo, condotto assieme alla Rids (Rete italiana Disabilità e Sviluppo) – con il coinvolgimento di associazioni, diverse istituzioni, enti locali, università, centri di ricerca e imprese. L’adozione del Piano rappresenta un passaggio importante per favorire l’inclusione delle “disabilità” nei progetti della cooperazione, grazie ad una strategia di attività e di politiche per le pari opportunità. Se l’Italia figura tra i primi cinquanta firmatari della “Convenzione ONU” – approvata nel 2006 – “sui diritti delle persone con disabilità”, la Cooperazione italiana è la prima a dotarsi di Linee Guida sulla disabilità e un apposito piano d’ azione in linea con la Convenzione.
Il “Piano di Azione” si basa su cinque pilastri. Il primo: prevede strumenti di programmazione e monitoraggio delle politiche della disabilità. Il secondo: riguarda l’identificazione di criteri per misurare l’impatto dei progetti oltre che la creazione di una cultura specifica attraverso gruppi di lavoro, scambio di conoscenze, fino a corsi di formazione inseriti nei programmi universitari e nei master. Il terzo: implica la formazione di competenze per il soccorso e l’assistenza a persone con disabilità in situazioni di emergenza e nell’ambito degli aiuti umanitari. Il quarto: prevede l’accessibilità e la fruibilità di beni e servizi. Il quinto: punta alla valorizzazione delle esperienze (fondamentale il coinvolgimento delle persone con disabilità) attraverso uno scambio di competenze della società civile e del mondo imprenditoriale.
Un progetto ambizioso. Si tratta di un progetto complessivo particolarmente ambizioso e per il quale il viceministro Lapo Pistelli ha richiamato l’attenzione sul problema delle risorse destinate allo sviluppo, auspicando di arrivare nel 2017 al 0,29% del Pil da destinare alle attività di cooperazione. Secondo il rapporto Oms e Banca Mondiale la maggior parte delle persone con disabilità sono circa il 15 % della popolazione mondiale. Circa l’80 % si trovano nei paesi in via di sviluppo, dove affrontano condizioni di maggiore disagio e di povertà.
L’esempio dell’esperienza in Kosovo. Un esempio di “buona pratica” riconosciuta a livello internazionale è il progetto realizzato nel Kosovo con il coinvolgimento delle istituzioni, società civile e organismi internazionali in tutte fasi dell’iniziativa. Intanto sono stati già approvati, in questo senso, altri progetti di inclusione sociale promossi da Ong in Albania, Etiopia, Madagascar, Palestina, Ruanda e Sudan, per un valore complessivo di quasi 6 milioni di euro.
di Giovanni Cupidi