Bistorti. Il progetto Eat Etich della cooperativa Hattiva Lab di Udine mira ad aiutare chi ha fragilità lavorative e personali a reinserirsi nel mondo. Mettere le mani in pasta non è mai stato così buono
Un proverbio norvegese dice: i biscotti sono fatti di burro e amore. In certi casi, tra gli ingredienti c’è anche la solidarietà e un preciso progetto che sostiene i più fragili. Sono tante le esperienze che dimostrano come il cibo sia una via privilegiata attraverso la quale si possano conciliare evoluzione individuale e aggregazione sociale. La produzione di cibo, la cucina, i servizi di ristorazione sono spesso oggetto di percorsi di affiancamento, recupero, integrazione del disagio e della fragilità. In questo filone si colloca il progetto Eat Etich ideato e promosso da Hattiva Lab, cooperativa sociale onlus di Udine che si occupa di inserimento nel mondo del lavoro di persone con fragilità lavorativa attraverso laboratori professionalizzanti.
“Hattiva Lab segue sin dalla sua fondazione persone con disabilità cognitiva offendo diversi servizi che hanno principalmente l’obiettivo di potenziare le loro abilità residue e far ottenere una maggior autonomia. Per arrivare a questi risultati sono stati attivati negli anni numerosi laboratori creativi che hanno riguardato i settori dell’artigianato e dell’economia domestica: i ragazzi, con il supporto degli educatori, scelgono le pietanze da preparare, ne studiano la ricetta, stilano la lista della spesa e si cimentano nella preparazione”, spiega Emanuela Riotto, Vicepresidente di Hattiva Lab e responsabile del progetto Eat Ethic.
“Ci siamo accorti, osservandoli all’opera – continua – che i ragazzi gradivamo moltissimo quest’ultima attività, che riusciva bene e dava molta soddisfazione e, man mano che l’attività proseguiva, abbiamo osservato che alcuni ragazzi avevano delle potenzialità che, adeguatamente curate, potevano rendere loro dei veri lavoratori. Ci siamo quindi chiesti come poterli aiutare in questo processo”. La biscotteria secca appare subito come una attività particolarmente congeniale alle persone con disabilità cognitiva perché, sostengono in Hattiva Lab, si compone di istruzioni chiare, ripetitive e che, con l’ausilio di personale specializzato, diventano perfino semplici.
Con questi presupposti, nel 2021 nasce Eat Etich e si specializza sin da subito nella produzione di biscotti, con l’ideazione e la produzione di una vera e propria linea a marchio: Bistorti – Produzioni Imperfette.I Bistorti sono frollini da degustazione sia dolci che salati disponibili in diversi gusti, come il limone, cacao e arancia, cacao e peperoncino o al rosmarino. Sono confezionati con cura in sacchettini che riportano il marchio. “Ci piaceva l’idea di trovare un nome ironico, creativo, divertente, che catturasse l’attenzione del consumatore e richiamasse l’dea di imperfezione e di unicità – dice Paola Benini, Presidentessa di Hattiva Lab – Parafrasando il famoso detto “da vicino nessuno è normale” ci piace ricordare che da vicino nessuno è nemmeno dritto.
Inostri biscotti sono tutti unici, irripetibili, imperfetti e irregolari, come gli esseri umani che li hanno creati e quelli che li degusteranno”. Oltre alla produzione dei Bistorti, Eat Ethic si è adoperata anche per l’attività di banqueting solidale che propone rinfreschi per piccoli e medi eventi, utilizzando prodotti freschi provenienti prevalentemente da produttori locali “La scelta di aprire un laboratorio artigianale di produzioni alimentari è stata molto naturale, seppur non semplice, e ci ha consentito di creare un contenitore dentro cui poter inserire persone che, diversamente, avrebbero difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, aspetto fondamentale nel progetto di vita di ogni persona, ma molto complesso e a volte irraggiungibile per chi si trova in condizioni di fragilità”, continua Emanuela Riotto. Al momento i ragazzi impiegati in pianta stabile sono 4, di cui una assunta a tempo indeterminato.
“Quando seguiamo una famiglia con disabilità (perché è tutta la famiglia a farsi carico della persona con disabilità), a un certo punto, terminata la scuola dell’obbligo, ci troviamo di fronte sempre alla stessa domanda: e adesso cosa facciamo? Qual è il suo progetto di vita? Cosa sarà di lui/lei? – si chiede la Riotto -. Il mondo del lavoro si evolve in maniera così veloce e così articolata che, se riuscire a stare al passo è difficile per chiunque, ancor più complicato risulta per chi ha una fragilità, che spesso quindi rimane nel sistema di assistenza senza mai uscirne.
Ecco che sviluppare progetti di inserimento lavorativo assume un valore sociale enorme: rende autonomi economicamente i più fragili, dona loro una dignità ed una visione di sé come di una persona che scambia con il mondo, che progetta il proprio futuro, che contribuisce al proprio benessere ed anche al benessere collettivo”. (repubblica.it)