Se ne parla sempre più frequentemente, anche se con ritardo. Forse dovremmo soffermarci e riflettere seriamente.
L’assistenza sessuale per le persone con disabilità, che non possono provvedere autonomamente al soddisfacimento di tale bisogno, sta diventando sempre di più una vera e propria realtà. Molti paesi come Olanda, Germania, Belgio e i Paesi Scandinavi hanno istituito dei servizi di “assistenza sessuale per i disabili” offrendo loro prestazioni sessuali.
C’è chi parla di totale distruzione dell’etica e della morale, c’è chi invece è a favore pensando a quelli che sono i bisogni sessuali di ogni essere umano. Infatti la condizione della persona con disabilità crea riflessione sotto questo punto di vista. Le difficoltà nell’instaurare i rapporti sono elevate, ma non perché la persona disabile abbia qualcosa in meno, ma perché la società è strutturata su caratteristiche umane differenti da quelle vissute dal disabile.
Le esigenze sessuali sono presenti in ogni uomo e nella condizione di difficoltà; come potere rimediare a tale disagio? Gli altri Stati sembra che abbiano risolto questo problema. Infatti le statistiche parlano chiaro: otto disabili su dieci si rivolgerebbero ad un assistente sessuale. Quindi è proprio un bisogno reale. Questa però sembra essere una tematica da trattare con i guanti bianchi in quanto i rischi sono anche tanti. L’utente con disabilità infatti potrebbe affezionarsi all’assistente sessuale (magari innamorarsi) e alla fine uscire sconfitto dall’esperienza provata. Altro rischio è quello dei controlli che possono verificarsi inesistenti e di mercato illecito che potrebbe scoppiare trasformando l’assistenza sessuale in un giro di prostituzione.
È anche vero che l’esperienza sessuale è un bisogno fisico che tutti vivono e quindi perché no? Dopo il/la caregiver avremo forse il/la lovegiver?
La discussione è aperta.
di Giovanni Cupidi