Gli Al.Di.Qua Artists – prima associazione italiana di categoria che raccoglie artisti e artiste con disabilità – pretendendo che si guardi alla loro arte. E nel loro video-Manifesto spiegano perché e, soprattutto, come
NON solo artisti ma anche registe, attori, coreografe, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. Corpi differenti che si esprimono con il linguaggio dell’arte ma sono ancora poco visibili. Di loro si parla nelle rubriche dedicate alla disabilità. Al di là del muro invisibile che divide chi è considerato abile da chi è considerato disabile.
Gli Al.Di.Qua Artists – prima associazione italiana di categoria che raccoglie artisti e artiste con disabilità – scavalcano questo muro pretendendo che si guardi alla loro arte. Il loro video-Manifesto, un documento culturale e politico, proiettato per la prima volta mercoledì 23 marzo a Roma al Cinema Nuovo Sacher a Trastevere (qui l’anteprima in short version), chiede che si tenga conto anche di tutti coloro che dell’arte non possono godere perché le strutture sono inaccessibili.
E che, come è stato fatto in altri Paesi, una persona con disabilità momentanea o permanente non debba entrare in teatro o in museo dalla porta sul retro perché quella principale è inaccessibile.
“Riaffermano l’arte come diritto fondamentale per il benessere degli individui. In Europa il 12,8% della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha una o più disabilità. Annoverando nel calcolo l’interezza della popolazione europea, essa è composta per un quinto da persone con disabilità. Si tratta del 19% della popolazione“, dichiarano.
Le condizioni delle persone con disabilità tendono ad oscurare le loro professioni. Si parla di inclusione, ma così dicendo si sottintende l’esistenza di un gruppo di persone che deve adeguarsi ed “essere inserito”, “essere incluso”, in un mondo che non sarà mai fatto anche a misura degli appartenenti a questo gruppo.
La diversità è spesso spiegata e raccontata dagli abili, che rappresentano la maggioranza. “Anche nel mondo dello spettacolo – concludono gli artisti – la diversità viene interpretata da attori normodotati, ma chi meglio di un attore con disabilità potrebbe interpretare quel ruolo? Eppure non siamo nei casting“, spiegano.
Secondo l’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948): “Ciascuno ha il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici“. Gli Al.Di.Qua Artists lavorano affinché tutto questo sia reale. (repubblica.it)