La velocista, medaglia d’oro alla Paralimpiade di Tokyo 2020: «Sapevo che con la protesi potevo tornare in pista. Sono stata fortunata». E sul fratello gemello spiega: «Da bambini litigavamo spesso. Sono sempre stata una sua grande fa, Lorenzo è un ex calciatore. Adesso studia ed è lui a fare il fan. Abbiamo un ottimo rapporto»
«Ho capito subito che avrei perso la gamba, cercavo di elaborare la cosa già sul luogo dell’incidente. Mi dicevo: “Se non la amputano resta un po’ di zoppichìo ed è peggio, io devo tornare a correre». Compirà 22 anni tra pochi giorni Ambra Sabatini e quando ne aveva 17 – promessa del mezzofondo – è rimasta vittima di un incidente mentre con il padre andava agli allenamenti. Oggi è campionessa paralimpica e mondiale nei 100 metri piani. «La gamba era messa male ma sapevo che con le protesi potevo tornare in pista. Non ho più il ginocchio, ma il femore è intatto, mi sono concentrata da subito su quello che era rimasto. Sono stata fortunata».
Una frase fortissima.«Ne sono convinta: al momento dell’incidente, dietro di noi c’era un camion dei pompieri, mi hanno soccorsa tempestivamente. L’arteria femorale era recisa, senza di loro in tre minuti sarei morta».Com’è tornata ai blocchi di partenza?«Grazie all’amore per lo sport. Non ho mai avuto dubbi, anche se sapevo che sarebbe stato difficile».
La prima cosa che ha fatto dopo i mesi in ospedale?«Ho chiesto di rivedere la pista di allenamento e poi sono andata al mare. Nuotare è stata la prima attività che ho ripreso quando ancora non riuscivo a correre. Ho anche pensato di gareggiare in vasca ai Campionati Studenteschi con i normodotati, mi ha fermato il Covid. Ma avrei fatto di tutto per tornare ad assaporare la gioia che solo lo sport sa regalare».
La cosa più difficile da affrontare?«Riprendere il ritmo con le faccende quotidiane, vedere che facevo fatica a stare al passo con la scuola perché dovevo recuperare o stare seduta tante ore con la protesi. Ricordo che dopo l’incidente sono andata al centro commerciale con i pantaloncini corti e le stampelle, avevo tutti gli occhi addosso, c’era curiosità. Poi quegli sguardi sono diventati sempre più irrilevanti, ho acquisito la consapevolezza che il mio corpo poteva fare tante cose. Sapevo di non avere limiti nemmeno con le stampelle. I limiti sono in chi ti guarda, occhi in cui non ho mai visto cattiveria, ma empatia».
La prima volta che ha messo la protesi?«Era l’11 settembre 2019. Ero contentissima, non vedevo l’ora di avere questo nuovo strumento che mi aiutasse a muovermi, però la sentivo pesante e non riuscivo a controllarla. Poi ho preso confidenza ed è diventata una parte di me».Le ha dato anche un nome.«Un amico in spiaggia l’ha chiamata “Gambra” e così è rimasta».
Momenti di sconforto?«In ospedale chiesi di stare da sola: volevo sentirmi autonoma, ma capii che non ero ancora pronta e ci voleva pazienza per tornare alla vita di tutti i giorni».È cresciuta velocemente.«Sono sempre stata più matura dei miei coetanei, una che guardava avanti e non dava niente per scontato. Quando ero mezzofondista avevo tanti infortuni, certo rispetto a una gamba persa non erano nulla, ma per me che inseguivo il sogno di diventare un’atleta professionista rialzarsi dopo una caduta, uno stop, una sconfitta era uno scoglio da superare. E questo mi aveva già fortificata».
Pensa mai a come sarebbe stata la sua vita senza l’incidente?«Avrei inseguito il sogno di entrare nelle Forze armate o diventare allenatrice. Forse sarei un’universitaria».Un’universitaria lo è anche adesso, studia Scienze della Comunicazione.«Ma sono molto in difficoltà perché ho tanti impegni con lo sport. Però la laurea resta un obiettivo».
Quella di Tokyo è stata la sua prima Paralimpiade: debutto con medaglia d’oro.«È stata particolare: dall’altra parte del mondo, a porte chiuse, avevo fatto solo una gara internazionale di qualificazione, ero a due anni dall’incidente e a uno da quando avevo ripreso a correre. Pensavo solo che volevo godermi l’esperienza, invece sono tornata a casa con un record del mondo, una medaglia d’oro e un podio tutto italiano insieme a Martina (Caironi, ndr ) e Monica (Contrafatto, ndr )».
Che rapporto ha con loro?«Bellissimo, mi hanno un po’ adottata. Sono diventate le mie migliori amiche. Condividiamo stress, sacrifici e gioie». Il 28 agosto tornerà a Parigi, nella città dove il 13 luglio 2023 ha fatto registrare un nuovo record del mondo (13”98): ha un sogno per la sua seconda Paralimpiade?«Ci vado con esperienza, quattro anni completi di preparazione e un Mondiale che mi ha dato molta fiducia. E questa volta ci sarà il pubblico a spingerci».
Sugli spalti vedrà i suoi genitori e il suo gemello.«Da bambini litigavamo spesso. Sono sempre stata una sua grande fan, Lorenzo è un ex calciatore, ha giocato anche nella Fiorentina. Adesso studia ed è lui a fare il fan. Abbiamo un ottimo rapporto».
Non ci sarà Alessandro, il suo fidanzato storico.«Ci siamo lasciati. Per ora la testa è concentrata solo sull’atletica».Il suo rapporto con i social?«Ho iniziato a usare Instagram dopo l’incidente. Era un modo per mettermi alla prova, è lì che ho cominciato davvero a rendermi conto di cos’è il mio corpo. Ora sono più sicura, prima tendevo a nascondermi. Mi piace fare foto, penso che tante persone abbiano bisogno di vedere corpi diversi. Mostrarmi con la protesi così come sono credo sia importante».
Che Paese è l’Italia per chi ha una disabilità?«Per quanto riguarda le barriere architettoniche, c’è ancora tanto da fare per rendere le città più accessibili». Non solo corre, nuota, fa arrampicate, va in bici: la vedremo anche in altre discipline? O magari a Milano-Cortina 2026?«Sono un animale da Olimpiade estiva. Dopo Parigi vorrei lavorare anche sul salto in lungo, chissà». (corriere.it)
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