Venerdì 15 dicembre scorso ho partecipato al convegno “Accessibilità e Barriere Culturali” indetto dalla FIRST (Federazione Italiana Rete Sostegno e Tutela diritti delle persone con disabilità) in Roma presso la Biblioteca Nazionale Centrale. Ho partecipato come relatore sul tema: “Le barriere architettoniche nel processo di Vita Indipendente delle persone con disabilità“. Di seguito la trascrizione del mio intervento avvenuto tramite collegamento telefonico.
“Oltre ad essere vicepresidente di un’associazione che si occupa di autismo ma non solo, mi occupo di vita indipendente ed autodeterminazione che sono due concetti che sto portando avanti ormai da tanto tempo e sui quali mi impegno.
Cosa mi preme dire oggi rispetto al tema delle barriere architettoniche e culturali?
Bisogna partire dalla visione d’insieme di un progetto di vita indipendente relativo alla persona con disabilità e cercare di metterlo in atto.
Perché sinora spesso si è parlato di assistenza alla persona, di assistenza domiciliare: sono quei servizi di prima necessità che in molte regioni, come nella mia, in Sicilia, vengono a mancare. Sono pressoché inesistenti se non espletati in maniera molto elementare.
E’ ovvio che quando si parla di vita indipendente, se mancano i presupposti di una giusta assistenza, qualsiasi sia la forma di disabilità non si è concluso nulla.
Io non amo neanche la differenza tra disabilità gravi e gravissime. Perché se è vero che ogni persona ha diritto ad un progetto individualizzato, è all’interno di quel progetto che si ritrovano le necessità, i bisogni e quindi anche i costi che servono a sostenere quel tipo di progetto.
Però la visione di vita indipendente è molto più ampia. Il tema delle barriere architettoniche qui lo troviamo in maniera preponderante.
Perché se diamo per certa quel tipo di assistenza alla persona, e alla quale la persona ha diritto, è pur vero che questo tipo di intervento risulterebbe essere sterile se non vi sono accanto tutta una serie di altre necessità relative alla persona.
Ad esempio, quello che viene sempre poco dibattuto è la mobilità rispetto alla persona.
Come fa una persona con disabilità? Come facciamo a rendere e a dare il diritto alla mobilità che una persona ha? Questo è un problema molto serio. E il problema della mobilità è strettamente correlato a quello delle barriere architettoniche perché se io riesco a rendere una persona autonoma, e riesco addirittura culturalmente a portarla verso un processo di autodeterminazione, a che serve questo quando io poi non posso accedere a una struttura pubblica perché c’è una barriera architettonica…
Cosa succede quando io voglio andare in un qualsiasi posto di una città o voglio prendere un mezzo pubblico e questo non è accessibile? Quando si pensa al concetto di vita indipendente entrano in gioco non solo l’assistenza, ma anche l’urbanistica del luogo in cui questa persona vive, la mobilità intesa come mezzi messi a disposizione affinché la persona possa raggiungere più luoghi, e tutto questo ovviamente lo riscontriamo in una mancanza di quella che deve essere la responsabilità di chi nel pubblico ha il dovere di garantire questi diritti.
Ma perché ci troviamo di fronte a persone delle istituzioni che non riescono a garantire questi diritti? E guardate che non mi riferisco solo al sempre messo in campo ‘non ci sono i soldi’…perché in realtà vediamo tutti i giorni che anche laddove ci sono i soldi non ci sono giuste politiche riguardo alla disabilità e assolutamente non c’è nessuna visione d’insieme di quello che deve essere un progetto di vita indipendente per una persona.
Ci arrabbiamo molto per questo perché vediamo come laddove ci sono risorse queste vengono sperperate nella migliore delle ipotesi, usate per la messa in opera di strutture che poi non risultano adeguate, finanche alle cronache che leggiamo tutti i giorni – non mi interessa fare polemica – ma leggiamo tutti i giorni di come le risorse vengano poi destinate diciamo a tutt’altri usi non proprio legali.
Questo succede, oltre a causa di interessi di parte, perché purtroppo le persone che governano le istituzioni, (spesso, ovviamente non sempre, troviamo molti esempi di dirigenti che fanno bene il loro mestiere), non sanno come agire. E lo sappiamo bene noi che viviamo la disabilità, io in primis, perché per chi non lo sapesse ho una tetraplegia, cioè dal collo in giù non muovo nulla.
Non ci dimentichiamo poi dei familiari, di chi fa opera di caregiver rispetto alla persona, sanno bene qual è la cultura che dovrebbe esserci.
Spesso però le persone che devono decidere per noi e per il nostro futuro, e che devono governare la cosa pubblica, non hanno la cultura sulla disabilità E qui coniughiamo quella che è la difficoltà di abbattimento delle barriere architettoniche in un processo di vita indipendente di una persona con disabilità a quella che è una delle cause di questo mancato abbattimento che è purtroppo la non cultura rispetto alla disabilità che riguarda molte persone che invece avrebbero il dovere di garantire quei diritti. Quindi alla fine il tema di questo convegno coniuga perfettamente i due processi: uno culturale rispetto all’abbattimento di barriere e uno reale di barriere architettoniche che impediscono la vera inclusione da parte della società verso una persona con disabilità.
E badate bene che io dico sempre l’opposto: non parlo mai di inclusione della persona nella società ma è la società che deve essere inclusiva rispetto alla persona.
E quindi il modo assolutamente non congeniale di coniugare questi due aspetti, l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’abbattimento delle barriere culturali, fa sì che anche laddove con fatica si riesca ad ottenere quel principio indispensabile di assistenza riguardo alla persona con disabilità, spesso questa diventa un’assistenza all’interno di una condizione paragonabile a quella degli arresti domiciliari senza aver commesso alcun reato perché poi ci si ritrova nella impossibilità ad accedere al proprio diritto alla mobilità, e dove si riesce ad avere garantito questo diritto non si può accedere a quella che è la fruizione dei vari aspetti legati alle barriere architettoniche, come è stato detto prima rispetto allo sport ma rispetto anche a tutta quella che è la fruizione della cultura, o rispetto alla fruizione del divertimento, perché poi sembra che le persone con disabilità non abbiano diritto al divertimento, a noi viene dato come un lusso o una concessione.
Queste due barriere sono veramente correlate, e purtroppo il non operare in cultura sulla disabilità alimenta questo processo di mancata inclusione e non permette la realizzazione di un vero progetto di vita indipendente per una persona che ha una disabilità.”
Trascrizione a cura di Veronica Femminino