“L’unico modo di venire a patti con l’assurdità è di rendersene conto,
David Cooper
perché afferrandola siamo veramente in movimento.”
Un paradosso è una contraddizione logica che deriva dalle deduzioni coerenti di premesse corrette. Esso, oltre a influenzare il nostro comportamento e la nostra salute mentale, mette in crisi la fede nella coerenza. Se la struttura logica del nostro linguaggio è basata sulla legge aristotelica secondo cui A non può essere diverso da A, ovvero sul principio di non contraddizione, e nella contraddizione si impone una scelta fra almeno due possibili soluzioni, nei paradossi la scelta non è neppure contemplata.
I paradossi si classificano in logico-matematici, o antinomie, e paradossi semantici, che derivano da incoerenze inerenti alla struttura del linguaggio e del pensiero. Esistono, tuttavia anche i paradossi pragmatici, che investono il settore della comunicazione umana e hanno un effetto dirompente nel comportamento.
In una situazione paradossale la radice del conflitto è rintracciabile negli elementi che equivalgono a una contraddizione tra le alternative. Si crea, dunque, un effetto paralizzante a monte, che coinvolge dalla base, le strutture fondamentali dell’esistenza, e quindi le basi di un discorso coerente. In un contesto illogico e incoerente, quale quello prospettato dai paradossi, è impossibile comportarsi in modo logico.
Se il messaggio è paradossale, infatti, ogni reazione all’interno dello schema stabilito dal messaggio deve essere altrettanto paradossale. Quando il paradosso si insinua nell’interazione umana, non è tanto importante che l’aspetto di contenuto, o notizia, sia privo di significato, quanto che l’aspetto di relazione, o comando, sia espresso chiaramente.
Il paradosso, in sé, è un messaggio che ha almeno due livelli in contrasto fra loro. Se un individuo si trova coinvolto in una relazione in cui risulta impossibile discernere il significato dei messaggi inviatigli, sia a livello letterale che metaforico, siamo nell’ambito della comunicazione paradossale.
Quando si parla degli effetti comportamentali del paradosso nella comunicazione, si intende la particolare impasse che sorge ogni volta che si scambiano messaggi aventi la medesima struttura dei paradossi classici della logica formale. La fantasia, la religione, la scoperta scientifica, lo humor, la creazione artistica, sono il risultato della sua applicazione pratica alla vita reale.
La creatività, in generale, si avvale di uno stato transitorio dell’equilibrio instabile dell’emozione e del pensiero. L’amore stesso non sarebbe possibile se l’uomo non fosse capace di sperimentare il paradosso. Tuttavia, dove il paradosso contamina i rapporti umani compare la malattia.
Quando un individuo è coinvolto in una relazione in cui gli è impossibile discriminare in modo tale da dare risposte appropriate ai messaggi inviatigli ad un livello diverso, si vengono a creare quelle situazioni di forte disagio e disfunzionalità, in cui ogni risposta crea confusione.
Di fronte all’assurdità insostenibile del paradosso, un individuo può convincersi di aver tralasciato qualche elemento, sviluppando a questo punto una vera e propria ossessione, nel bisogno di scoprire tali presunti elementi incogniti, che invece non esistono. Dall’esperienza contraddittoria, continua e costante, inoltre, traggono origine i conflitti comunicazionali interni alla struttura logica del discorso, che producono il doppio legame.
In questa dinamica si aggrava il disordine mentale.
Dove il doppio legame è diventato il modello predominante della comunicazione, e dove l’attenzione diagnostica viene limitata all’individuo più manifestamente disturbato, si scoprirà che il comportamento di quest’ultimo soddisfa i criteri diagnostici della patologia. Il comportamento paradossale imposto dal doppio legame, a sua volta, ha la natura del doppio legame.
La comunicazione patologica è essa stessa paradossale e impone, di contro, il paradosso agli altri comunicanti. Un comportamento folle potrebbe essere quello di una persona invischiata in un doppio legame, che si trovi punita per aver avuto delle percezioni corrette, e definita folle, invece, per aver insinuato la discrepanza tra ciò che ha percepito e ciò che dovrebbe vedere. Le comunicazioni paradossali legano tutti i partecipanti che vi sono coinvolti, creando una situazione di stallo da cui è possibile sbloccarsi solo uscendo fuori dal modello comunicativo in atto.
L’oscillazione tra spontaneità e coercizione è tale da rendere paradossale persino il sintomo. Dire ad un paziente che non può fare una data cosa, per stimolarlo a farla, è un tipo di intervento che può essere definito “intenzione paradossale”. Lo scopo è quello di insegnare al paziente come rappresentare il suo sintomo, e fargli scoprire che rappresentandolo se ne può liberare.
Esso presuppone una relazione intensa in cui viene data un’ingiunzione paradossale, strutturata in modo tale da rinforzare il comportamento che il paziente si aspetta sia cambiato. Il rinforzo permette trasformazione e crea il paradosso per cui il paziente non può più non reagire, né reagire nel suo consueto modo sintomatico.
Per arrestare il gioco paradossale è necessario, quindi, introdurre un elemento apparentemente assurdo da un punto di vista logico, che rappresenta invece pragmaticamente l’unica via di uscita dalla “malattia”.