Da molto tempo e in prima persona sono convinto che la realizzazione di progetti individualizzati di assistenza socio-sanitaria, come prevede la 328/2000, sia una occasione mancata in questi anni da parte delle Amministrazioni e dagli Enti preposti, individuati e responsabilizzati dal Legislatore di coniugare buoni servizi ai cittadini con disabilità e l’esigenza di contenere i costi. Ahimè e purtroppo per molte persone con necessità speciali tutto ciò per contrastanti volontà politiche e burocratiche appare ed effettivamente è quasi una utopia.
Ma nuovi scenari vanno aprendosi e a tal proposito vi segnalo questo articolo pubblicato su superando.it su una sentenza del TAR di Catanzaro che indica le precise responsabilità e anche con quali metodiche gli Enti preposti DEBBANO realizzare progetti individuali.
di Giovanni Cupidi
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Progetto Individuale: tutto è compito di tutti insieme
di Francesco Marcellino
Parla chiaro, in tal senso, un’importante Sentenza prodotta nei giorni scorsi dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Calabria, sulla quale proponiamo un ampio approfondimento: in àmbito di presa in carico globale delle persone con disabilità e di progetto individuale (come da Legge 328 del 2000), o le Pubbliche Amministrazioni dimostrano di saper “lavorare in rete” o le persone dovranno continuare a rivolgersi ai GiudiciCon la Sentenza 440/13, pronunciata il 12 aprile scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per la Calabria (Sezione Seconda), ha accolto il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti, facendo obbligo agli enti preposti di redigere il progetto individuale per persona con disabilità.I ricorrenti ‐ una persona con disabilità e l’ANFFAS(Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) di Corigliano Calabro (Cosenza) ‐ avevano patito l’ennesima sofferenza nel riconoscimento di un diritto esigibile come quello previsto dall’articolo 14 della Legge 328/00 [“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, nota anche, al tempo della sua emanazione, come “Riforma dell’assistenza”, N.d.R.] e presente, quale sistema di accesso ai servizi sociali e sanitari, in tutte le legislazioni regionali italiane. Eppure, dopo oltre tredici anni di vigenza della normativa ‐ ricordando che lo strumento di accesso ai servizi sociali e sanitari era stato originariamente previsto già dal Decreto Legislativo 502/92, con riguardo alla sanità, e successivamente appunto dalla Legge 328/00, con riguardo al sociale – alcune procedure non risultano ancora “ben accette” dagli Enti Locali e dalle Aziende Sanitarie Provinciali. E le resistenze sul tema sono molteplici.L’accesso, infatti, ai servizi socio-sanitari, attraverso la stesura del progetto individuale e una presa in carico globale determinano ‐ fin dal primo atto ‐ l’integrazione dei servizi, la capacità di “lavorare insieme”, Amministrazione Comunale e Azienda Sanitaria Provinciale (e ogni altro settore, dipartimento, servizio amministrativo, che sia utile o necessario a tutela della persona con disabilità). Resistere quindi nel limitare il buon funzionamento dell’accesso integrato ai servizi sanitari e sociali, resistere nella presa in carico globale della persona con disabilità, significa, evidentemente, resistere in abitudini amministrative (ormai assai desuete) e in necessità organizzative e finanziarie delle amministrazioni radicate e inopportune.Inopportune in quanto – dopo anni di approfondimento del tema ‐ ci si è certamente convinti che lo Strumento della presa in carico globale e della stesura del progetto individuale per persona con disabilità, non è solo un diritto soggettivo perfetto del Cittadino, ma è anche ‐ e soprattutto – un’opportunità per la Pubblica Amministrazione nel suo complesso, di organizzare in modo più appropriato i servizi sociali e sanitari da erogarsi sul territorio. Eppure? Eppure si continuano a patire richieste da parte dei Cittadini, molte delle quali insoddisfatte, e la conseguente necessità di interventi giudiziari.Ma procediamo per ordine e ponderiamo quanto verificatosi in Calabria.Una persona con disabilità fa richiesta di stesura di progetto individuale, ai sensi della Legge 328/00, articolo 14. Il Comune di residenza in un primo momento rimane del tutto silente alla richiesta, successivamente pare attivarsi, dopo, invece (inutile consigliare la lettura del citato articolo 14 della Legge 328/00, chiarissimo sul punto), dichiara «…l’incompetenza del Comune nella predisposizione dei progetti individuali», dichiarazione di incompetenza che viene ribadita con più atti (tutti impugnati con motivi aggiunti).Dal canto suo, l’Azienda Sanitaria Provinciale pare invece essere del tutto silente e, comunque, non risulta costituita in giudizio.Alla Sentenza in commento del TAR – sono meno del numero delle dita di una mano quelle conosciute, anche se i casi di richiesta sono certamente in numeri ragguardevoli – si riconosce un particolare approfondimento della questione, verosimilmente determinato sia dai precedenti in materia, sia dal considerevole impegno processuale (due anni di giudizio) che la stessa ha reso necessario.Alcuni passaggi sono particolarmente importanti.Innanzitutto, la Sentenza consente di chiarire che l’istituto dell’articolo 14 «…non costituirebbe una nuova misura assistenziale condizionale all’erogazione di provviste economiche, bensì un momento di sintesi delle misure erogate e/o da erogare, da coordinare con gli impegni personali e professionali dell’assistito».Quindi, l’utente non cerca ‐ tendenzialmente – nuovi servizi e nuovi fondi, ma chi richiede la stesura del progetto individuale, desidera che si attui la presa in carico globale della persona con disabilità, la valutazione (da un punto di vista medico e sociale) dei bisogni e, quindi, l’erogazione dei servizi necessari. Il tutto, in modo coordinato e sotto la vigilanza della Pubblica Amministrazione.Come dice la Sentenza del TAR Calabrese, «…è un servizio pubblico, avente ad oggetto l’espletamento di prestazioni fondamentali, indirizzate istituzionalmente ed in via diretta al soddisfacimento di bisogni collettivi, sottoposte, per ragioni di interesse pubblico, ad indirizzi e controlli dell’autorità amministrativa». Erra, quindi, il Comune e/o l’Azienda Sanitaria Provinciale che «…manifestava la propria disponibilità all’elaborazione del progetto individuale, senza far seguire, però, alcuna iniziativa» (ancora Sentenza in commento a pagina 6). E ciò è posto in essere da diverse Pubbliche Amministrazioni. E quindi finalmente è chiaro che tale comportamento ‐ di fatto omissivo ‐ è errato e giuridicamente rilevante.Ma erra anche il Comune e/o l’Azienda Sanitaria Provinciale che ‐ in un sempre agevole lavoro di “scaricabarile” – adduce che la predisposizione del progetto individuale sarebbe di competenza del PUA [Punto Unico d’Accesso, N.d.R.].Su tale punto, senza osservare le diverse discipline regionali e limitandoci, ad esempio, a quelle della Regione Sicilia, va ricordato che nell’Isola il Piano Triennale a favore delle Persone con Disabilità del gennaio 2006 disciplina l’intero iter del procedimento amministrativo e individua l’UVD (Unità di Valutazione delle Persone con Disabilità) come organismo, costituito da componenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale e del Comune di residenza dell’utente, deputato appunto alla stesura del progetto individuale di vita dell’utente stesso. Pertanto, anche in Sicilia, èdel tutto fuorviante la dichiarazione che “altri” debbano compiere ciò che, invece, per previsione normativa regionale, è compito precipuo dell’UVD.Ma un aspetto rilevante la Sentenza lo dona anche con riguardo al “contenuto” del progetto individuale.Che senso ha – come si legge in Sentenza (pagine 7 e 8) – prevedere nel progetto «…una prossima apertura di centri diurni presso le sedi del Centro di Salute ed alla progettazione futura dei piani integrati»? Insomma: quale sarebbe il servizio di cui beneficerebbe (o avrebbe bisogno) hic et nunc(qui ed ora) la persona con disabilità?E che senso ha – come si legge sempre in Sentenza (pagina 8) – prevedere nel progetto «…un assistente domiciliare del Comune […] senza però raccordarlo con il Centro di Riabilitazione, con ciò rinviando sine die le sedute di fisioterapia»?Sul punto ci sarebbe molto da dire e forse, ancora di più da rivendicarsi in sede giudiziaria.Altro aspetto rilevante è quello economico.Ovviamente ‐ come sempre accade in queste situazioni processuali – la Pubblica Amministrazione si “difende” adducendoristrettezze economiche e tuttavia argomentazioni attinenti alla spesa non si ritengono essere particolarmente esaustive e pregnanti alle ragioni della difesa delle amministrazioni, in quanto sul punto appare utile riferire che:1) innanzitutto, come si è più volte detto, lo strumento di accesso ai servizi sociali e sanitari del progetto individuale, di per sé, non significa maggiori costi (o costi non previsti) della Pubblica Amministrazione, ma solo mettere ordine in una modalità ‐ fino ad oggi – del tutto disordinata, di accesso a domanda individuale (e non sempre appropriata) a singoli servizi e di presa in carico dei bisogni della persona;2) compiendo la Pubblica Amministrazione l’analisi dei bisogni e l’indicazione dei servizi, è evidente che la potestà anche di carattere economico è (e rimane ancor di più) nelle mani dell’Amministrazione stessa;3) infine, risulta naturale chiedersi come ‐ senza i progetti individuali e, quindi, senza una vera e appropriata analisi dei bisogni di un territorio – sia stato possibile fino ad oggi redigere i “Piani di Zona” e valutare l’investimento nel quantum e nelquomodo [“quanto e come”, N.d.R.] delle risorse economiche e finanziarie nei servizi sociali e sanitari per persona con disabilità.Questi argomenti si elencano, senza “disturbare” princìpi quali quelli del diritto soggettivo della persona con disabilità e dei Livelli Essenziali di Assistenza che deve riconoscere ed erogare lo Stato. Pertanto, si crede che sia giunto il momento di evitare di manifestare questioni di ristrettezze economiche, perché forse è proprio il Cittadino che sta chiedendo all’Amministrazione di immettere nelle procedure un sistema di accesso, erogazione, gestione e controllo dei servizi in modo appropriato ai bisogni e alle risorse finanziarie necessarie.Ovviamente ciò lo si afferma con riguardo allo strumento del progetto individuale di cui all’articolo 14 della Legge 328/00, riconoscendosi che simile discorso non può compiersi con altri tipi di progettazione “personalizzata” (diversa da questa di cui parliamo, che è “individualizzata”), ai sensi della Legge 162/98.Inoltre, fatto non indifferente per gli operatori del diritto, il Giudice ha ritenuto la suddetta questione di giurisdizione esclusiva del TAR, evitando così altalene tra la giustizia amministrativa e quella civile, come in passato sembravano essere necessarie. Importante è quindi la ricostruzione da parte dell’Autorità Giudiziaria della natura e della funzione del progetto individuale per la persona disabile di cui all’articolo 14 della Legge 328/00.In tal senso, riconosce il Giudice che lo strumento consente la «presa in carico globale della persona disabile» e che «…trascende la modalità di smistamento della persona all’interno di una gamma di contenitori e si propone l’obiettivo di promuovere l’autorealizzazione della persona disabile…» (si veda pagina 11 della Sentenza).E ancora, riconosce come metodologia quella del«lavoro di rete» (di conseguenza, deve ritenersi che laddove non si riesce a far partire il progetto individuale bisogna riconoscere l’incapacità delle Amministrazioni di «lavorare in rete»), «…che punta ad una visione in chiave unitaria dei bisogni della persona con disabilità», attività che si mettono tutte in linea con i princìpi della Convenzione ONUsui Diritti delle Persone con Disabilità e dell’ICF[Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.].Importante è poi che la Sentenza riconosca che l’istanza dell’utente deve determinare l’attivazione del Comune e dell’Azienda Sanitaria, le quali potranno anche «…coinvolgere altre istituzioni competenti» e creare un «…dossier unico». Come è pure importante il cenno alla «…presenza di un referente, il case manager, che può essere anche un assistente sociale, il quale garantisce il coordinamento tra il progetto individuale per la persona disabile ed altri progetti specifici, interessando, eventualmente, anche altre figure professionali, al fine di consentire l’unificazione degli accertamenti e delle valutazioni».Ecco quindi che ciò che nella Regione Sicilia risulta scritto e previsto anche nel citato Piano Triennale a favore delle Persone con Disabilità, trova luce persino in questa Sentenza del TAR della Calabria (che ovviamente si pronuncia sulla base delle Leggi Regionali della Calabria): nel progetto individuale «…possono confluire le valutazioni di vari soggetti – quali il Distretto della ASL (équipe medico‐psico‐pedagogica per la scuola, unità operativa di riabilitazione, commissioni di invalidità civile, stato di handicap e legge N° 68/99 presso la medicina legale, area materno infantile e area anziani); il Comune (operatori dei servizi sociali), la Scuola (corpo docente), la Provincia (Centri per l’impiego e comitati tecnici Legge N° 68/99) – ai fini del migliore coordinamento degli interventi da effettuare in un unico ambiente tematico che tenga in considerazione la condizione bio-psico-sociale del beneficiario e le risorse e i bisogni della sua famiglia (così a pagina 13 della Sentenza).Tutto questo è finalizzato alla «…piena realizzazione dell’integrazione delle persone disabili nell’ambito della vita familiare e sociale nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro…» (pagina 14 della Sentenza).In conclusione: la normativa nazionale (e quelle regionali) è ormai molto chiara e definita, così come l’interpretazione e l’applicazione delle stesse – anche alla luce degli interventi giurisprudenziali – sono ormai evidenti al Lettore imparziale e che abbia sufficientemente approfondito il tema. Occorre quindi che tutto questo diventi una buona prassi amministrativa, capace di superare il principio amministrativo del “questo è compito mio, quello è compito tuo”, ma che “tutto è compito di tutti insieme” e che basta che un solo ramo, un solo settore non sia capace di “lavorare in rete” e tutto il sistema di “presa in carico globale” viene meno.Prendere in carico globalmente, quindi, non significa solo la presa in carico completa dei bisogni di una persona, ma anche la capacità “globale” della Pubblica Amministrazione di prendere in carico, con un lavoro di rete, i diversi bisogni della persona.A questo punto non vi sono molte valutazioni da compiersi: o, nel rispetto della legge, le Amministrazioni si rinnovano nell’organizzazione di accesso e di erogazione dei servizi per persone con disabilità, oppure le persone con disabilità stesse ‐ stante anche l’orientamento consolidato – saranno costrette, sempre più, ad adire l’autorità giudiziaria per vedere riconosciuto ciò che a loro sarebbe dovuto e, ancora peggio, ciò che sarebbe assai utile alla stessa macchina organizzativa dell’Amministrazione.
Avvocato.