Introduzione alla CAA
Inizia oggi un percorso introduttivo alle possibilità offerte dalla Comunicazione Aumentativa Alternativa, che si snoderà in quattro articoli.
Comunicare è un’esigenza irrinunciabile per qualunque essere vivente. La mancanza di comunicazione può essere causa di un serio disagio emotivo.
Il linguaggio verbale è lo strumento principe attraverso cui passano i messaggi tra gli esseri umani. Si parla in questi casi di comunicazione cooperativa, in cui gli interlocutori collaborano per comprendersi.
Non è però scontato riuscire a comunicare verbalmente. Ci sono tipi di disabilità, ad esempio, che lo rendono impossibile.
Quella non verbale può comunque diventare una forma di comunicazione efficace se opportunamente strutturata e ben veicolata.
A tal fine sono state messe a punto da studiosi del settore delle tecniche che possono risultare efficaci. Molto dipende dal terapista che le mette in atto, come anche dal grado di disabilità del fruitore e dalla risposta individuale.
Con l’aiuto della dottoressa Giulia Tizzoni dell’Associazione Nasininsù di Catania, cominciamo da oggi un percorso per mettere a fuoco alcuni di questi strumenti.
IL CONSIGLIO
“Quando si propongono auspicabili soluzioni in caso di difficoltà a comunicare, è importante presentare le alternative possibili, perché alcuni individui rispondono meglio a un tipo di intervento, altri a un altro – conferma la dottoressa Tizzoni.
Uno di questi è la CAA, Comunicazione Aumentativa Alternativa. Viene definita Alternativa perché è una modalità di comunicazione diversa da quella tradizionale orale; Aumentativa perché non sostituisce il linguaggio ma lo supporta e lo compensa.
È necessario ricorrere alla CAA quando manca la comunicazione tradizionale, sia che si tratti di una mancanza temporanea (come ad esempio in caso di incidente o di ictus) sia che si tratti di mancanza permanente (ad esempio per un danno riportato alla nascita).
In tutti i casi è importante che l’intervento sia precoce.
La CAA interviene sul disabile ma anche sulle figure di riferimento che vivono con lui o che comunque gli ruotano intorno, e va organizzata non in astratto ma in base all’individuo e al suo ambiente. Il progetto elaborato dai terapisti dev’essere pertanto condiviso con la comunità parlante di riferimento (famiglia, scuola, lavoro ecc).
Il progetto è sempre personalizzato e l’intervento dev’essere longitudinale, ossia venire costantemente aggiornato per seguire la crescita dell’individuo.
Lo strumento adottato diventa la sua voce.“
Prima di concludere dando appuntamento al prossimo articolo di approfondimento sulle possibili soluzioni ai problemi di comunicazione, ci preme sottolineare che a usufruirne sono soggetti eterogenei, a dispetto di alcuni pregiudizi relativi alle forme alternative di comunicazione, pregiudizi che ci prefissiamo di smontare a breve.