
Come superare eventuali difficoltà
Il desiderio di allattare il proprio bambino accompagna in genere i mesi della gravidanza della maggior parte delle donne. Non sempre però è possibile realizzarlo.
Ne sa qualcosa Alessandra Messana, psicologa e peercounselor, ossia mamma alla pari a volontario sostegno dell’allattamento.
Quando nacque il suo primo figlio, infatti, ebbe delle difficoltà ad allattarlo nel primo periodopoiché, a causa di una malattia autoimmune, non sapeva nemmeno se avrebbe potuto farlo.
“Le Linee guida dell’Unicef e dell’OMS in materia – spiega – purtroppo non sono conosciute, e ciò comporta il disorientamento delle donne che non sanno bene come vivere al meglio il periodo dell’allattamento. Ad esempio, nel caso, come me, si abbia una malattia autoimmune non è detto che si debba rinunciare ad allattare. Ci si può rivolgere a degli specifici centri antiveleni per sapere se i farmaci presi siano compatibili con l’allattamento.”
Per aiutare altre donne a non imbattersi nelle difficoltà che ha dovuto superare lei, e nella frustrazione che ne consegue, la dottoressa Messana ha deciso di mettere la propria esperienza, a titolo assolutamente gratuito, a supporto di chi ha necessità di essere guidata.
“Il mio intento – prosegue – è di evitare che si ripeta ciò che è successo a me. Le uniche indicazioni che allora ho ricevuto mi sono arrivate dalle professioniste che tenevano il corso pre-parto e dalle altre mamme compagne di corso: sedersi comode da sole col bambino e lasciare che tutto si svolga in modo naturale. Non sempre però ciò basta, soprattutto quando chi ti circonda ti mette ansia ripetendoti che il bambino cresce poco e che forse sarebbe meglio rinunciare all’allattamento naturale per passare integralmente al biberon. Terrorizzata, svegliavo mio figlio di notte per farlo mangiare.”
IL CONSIGLIO
La dottoressa Messana sostiene: “Innanzitutto, buttare le bilance. Piuttosto, vanno contati i pannolini: se in un giorno il bambino ne riempie sei/sette significa che è ben nutrito; poi sarà il pediatra a pesarlo. Inoltre, è necessario svuotare bene un seno alla volta, e non adottare il sistema 10 minuti per lato, perché il primo latte che viene fuori a ogni poppata è acquoso; la parte nutriente è quella retrostante ed è questa a determinare il peso ponderale del bambino.
Per essere sicure di aver svuotato bene ogni seno bisogna controllare il pannolino: se si trovano pallini bianchi nelle feci, simili al polistirolo, significa che il piccolo ha assunto anche la porzione più nutriente del latte materno e non solo quella idratante.
Bisogna ricordare che l’allattamento al seno è a richiesta e non a orario. La madre sufficientemente buona è colei che risponde alle richieste del bambino la maggior parte delle volte, ed inoltre sarà pronta a riparare le volte successive, così da rendere tollerabile la frustrazione e rendere possibile sanarla.
Una delle domande che le madri si pongono più di frequente è “Quando è il tempo di smettere?” A tal proposito, l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), l’Unicef e il Ministero della Sanità concordano nel ritenere che si debba proseguire fino ai 2 anni d’età e oltre, finché la mamma e il bambino vivono con gioia e serenità il momento dell’allattamento.
Non si deve pensare di creare che in tal modo si crei un legame morboso tra madre e figlio. Al contrario, la fusione iniziale renderà più facile il distacco. Il bambino porterà il concetto di madre sicura dentro di sé:se una madre ha risposto ai naturali bisogni di contatto dei propri figli, questi svilupperanno una sicurezza affettiva che li porterà al successivo e naturale distacco senza sofferenza.
Per concludere, il mio consiglio è di non rimanere chiuse nella propria delusione, bloccate dal disorientamento, ma di chiedere aiuto perché nella maggior parte dei casi bastano le giuste indicazioni.“