Parole di Carta: CAA, tassello numero 3

Antonella Carta
Se c’è un problema, c’è la sua soluzione – Rubrica a cura di Antonella Carta – Insegnante/Scrittrice – Questa rubrica si propone di passare in rassegna alcune delle piccole-grandi difficoltà del quotidiano di persone con disabilità e, anche con la collaborazione di chi ci è già passato, proporre una strada, senza la pretesa che sia la soluzione
CAA: ancora un passo verso la comunicazione

Da un paio di settimane in questa rubrica si parla di Comunicazione Aumentativa Alternativa, efficace strumento terapeutico in caso di disturbi della comunicazione.

Affrontiamo oggi il terzo passaggio dell’iter che ci ha portato a indagare su questa tecnica elaborata per favorire l’acquisizione di un mezzo espressivo, non necessariamente vocale, per chi non ha la possibilità di far uso della comunicazione tradizionale.

Accanto ai comunicatori autonomi, come vengono definiti gli individui che non manifestano alcun tipo di problema, esistono infatti i cosiddetti comunicatori di transizione e i comunicatori emergenti.

Di transizione vengono definiti coloro che, pur avendo delle difficoltà, non sono partner dipendenti e usano invece strategie proprie per farsi comprendere. Per costoro è sufficiente che si lavori con ausili per favorire il linguaggio.

Comunicatori emergenti sono invece gli individui non verbali, incapaci di scelte produttive, del tutto non autonomi.
Soprattutto da parte di questi ultimi si manifesta un comportamento disfunzionale che va diagnosticato e corretto attraverso adeguata terapia.

Di fatto, l’impossibilità a estrinsecare bisogni e malesseri influisce molto negativamente sulla qualità della vita della persona che si trova in questa condizione, ma anche sulla vita di chi gli è vicino e spesso entra in crisi perché non riesce a individuare la causa dei comportamenti problema che, di conseguenza, esplodono.

Come affrontare i comportamenti problema delle persone con disabilità verbale?

IL CONSIGLIO

Dopo aver valutato il soggetto e il suo ambiente di riferimento – spiega la dottoressa Tizzoni dell’Associazione Nasininsùper ridurre i comportamenti problema è necessario mettere in atto un training di comunicazione funzionale, ossia insegnargli, per step, come comunicare in modo almeno sufficientemente chiaro.

I principi che guidano il training di comunicazione funzionale sono tre.

Il primo è quello di Equivalenza: il comportamento insegnato deve avere la stessa funzione del comportamento da sostituire; se il comportamento problema si manifesta nel momento in cui al soggetto viene negato o impedito qualcosa, occorre insegnargli un modo funzionale per fare la richiesta.

Fondamentale anche il principio di Efficienza ed efficacia della risposta: il risultato non deve essere raggiunto attraverso un comportamento troppo difficile da attuare per il soggetto e al tempo stesso dev’essere efficace, nel senso di ottenere la medesima conseguenza, altrimenti il soggetto si scoraggerà e tornerà a chiudersi e a riproporre il comportamento problema.

In ultimo il principio del Buon adattamento, in base al quale a volte basta cambiare alcuni aspetti dell’ambiente, ad esempio alternando esperienze più complesse ad altre più semplici che possano rassicurare e incoraggiare il destinatario della terapia.

Che la CAA non applica a tutti lo stesso protocollo ma costruisce per ciascuno un percorso individualizzato è dimostrato anche dal fatto che le strategie d’approccio mutano in base ai soggetti a cui sono destinate.

Inoltre, se necessario, è possibile valutare la possibilità di cambiare strategia in corsa se la risposta del destinatario suggerisce un approccio diverso.

Nel prossimo articolo concluderemo la trattazione della CAA esaminando proprio le varie strategie che è possibile adottare per ottenere buoni riscontri.

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