Accessibilità dei luoghi di vita e di lavoro

Premessa

La classificazione dell’OMS conosciuta con la sigla ICF (International Classification of Funtioning,Disability and Health) propone il modello biopsicosociale quale riferimento da tenere presente quando ci si occupa di persone che, in seguito a malattie che hanno causato menomazioni, con la compartecipazione di fattori contestuali, vedono limitata la loro capacità di svolgere compiti e di partecipare ad attività, in quanto, non disponendo di adeguate abilità fisiche o psichiche hanno spesso bisogni complessi che richiedono risposte adeguate.

Quindi i fattori da tenere presente sono :

  • L’attività cioè l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo.
  • La partecipazione cioè il coinvolgimento in una situazione della vita.
  • Le limitazioni all’attività e quindi le difficoltà che un individuo può avere nell’eseguire le attività.
  • Le restrizioni alla partecipazione e quindi i problemi che un individuo può incontrare nel coinvolgimento nelle situazioni della vita.
  • Il contesto che riunisce l’ambiente fisico, sociale ed attitudinale in cui le persone vivono.

Il precedente semplicistico modello:

 MALATTIA

 

MENOMAZIONE

↓↓

DISABILITÀ

HANDICAP

è stato abbandonato perché troppo legato alle condizioni di salute dell’individuo, e perchè ha perpetuato una cultura  che tiene in scarsa considerazione le persone con menomazioni o disabilità attribuendo alle condizioni individuali ( fisiche o psichiche) le ragioni dell’esclusione sociale.

Anche le  terminologie quali : menomato, disabile. diversamente abile, handicappato, portatore di handicap sono state abbandonate e si auspica che non vengano più utilizzate anche negli atti legislativi.

La terminologia da utilizzare è “ persona con disabilità ”.

L’importanza dei fattori ambientali.

L’ accessibilità degli spazi.

Definizione di accessibilità:

Uno spazio è accessibile quando chiunque può viverlo pienamente, può abitarlo e goderlo in ogni suo aspetto spaziale e funzionale, compresi i servizi e le attività che in esso vi si svolgono.

La Legislazione italiana riguardante l’accessibilità degli edifici e spazi pubblici.

La normativa inerente l’accessibilità degli edifici e spazi pubblici trova prima origine nella legge 30 marzo 1971 n° 118 “Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971 n° 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili” (l. 118/71 art. 27);. Tale norma prevede che:

  • l’accesso a luoghi pubblici o aperti al pubblico non può essere vietato ai disabili;
  • gli edifici pubblici o aperti al pubblico, le istituzioni scolastiche, prescolastiche o di interesse sociale di nuova edificazione devono essere costruiti in conformità con quanto disposto dalla Circolare su citata;
  • i trasporti pubblici, in particolare tram e metropolitane, devono essere accessibili agli invalidi non deambulanti;
  • in tutti i luoghi dove si svolgono manifestazioni pubbliche devono essere riservati spazi per le carrozzine;
  • diritto di prelazione ai disabili con difficoltà di deambulazione nell’assegnazione di alloggi di edilizia economica e popolare qualora ne facciano richiesta.

La legge citata prevedeva la successiva emanazione di un Regolamento con forza di legge finalizzato a definire standard tecnici e tipologia degli interventi in materia di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici o aperti al pubblico.

Il Regolamento venne approvato con DPR 27 aprile 1978 n° 384, successivamente sostituito con sostanziali modifiche dal DPR 24 luglio 1996 n° 503 “Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici”. Il Regolamento contenuto nel DPR 503/96 prevede che:

Gli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, anche se di carattere temporaneo, e quelli esistenti qualora vengano sottoposti a ristrutturazione o ad altro tipo di intervento edilizio o a quelli soggetti a cambio di destinazione qualora questa sia finalizzata all’uso pubblico debbano essere resi accessibili alle persone con disabilità fisica e sensoriale (DPR 503/96 art. 1 comma 3). Gli edifici, i mezzi di trasporto e le strutture costruite, modificate o adeguate tenendo conto delle norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche, debbano esporre, ben visibile, il simbolo di “accessibilità” (DPR 503/96 art. 2 comma 2); Gli Enti gestori di edifici pubblici, che non siano oggetto di ristrutturazione o interventi edilizi, debbano comunque garantire l’accessibilità apportando tutti gli accorgimenti che possono migliorarne la fruibilità dell’edificio stesso. A questa disposizione non viene, però, dato un termine di tempo entro il quale effettuare la realizzazione di tali adeguamenti (DPR 503/96 art. 1 comma 4).

Nell’attesa degli accorgimenti di cui sopra, le Amministrazioni pubbliche che utilizzano un edificio non accessibile debbano dotarsi di un sistema di chiamata, posto in un luogo accessibile, per consentire al cittadino con ridotta capacità motoria o sensoriale la fruizione del servizio erogato in quell’edificio. Per questo adempimento è stato fissato il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto stesso. Ciò significa che già dal mese di aprile 1997 presso tutti gli edifici pubblici non accessibili dovrebbero essere attivati sistemi di chiamata (DPR 503/96 art. 1 comma 5).

Il dispositivo di chiamata debba essere segnalato con il simbolo di “accessibilità condizionata” (DPR 503/96 art. 2 comma 3);

La segnalazione, con relativo contrassegno, debba essere apposta anche in presenza, all’interno di un edificio, di apparecchiature che consentano la comunicazione per i non udenti (DPR 503/96 art. 2 comma 3, DPR 503/96 art. 2 comma 4). Per le specifiche tecniche di progettazione a cui si devono attenere gli enti proprietari di edifici e spazi pubblici, siano applicabili quelle contenute nel Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 14 giugno 1989, n° 236 “Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento delle barriere architettoniche” (DPR 503/96 art. 1 comma 6).Nel 1986 la legge finanziaria, legge 28 febbraio 1986, n. 41 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, conteneva le seguenti disposizioni:

  • l’imposizione alle Pubbliche Amministrazioni di predisporre “Piani di abbattimento delle barriere architettoniche” per gli edifici di loro proprietà (L 41/86 art. 32 comma 21);
  • incentivi finanziari;
  • i vincoli di non approvare né finanziare con fondi pubblici progetti di costruzione e ristrutturazione di opere pubbliche non conformi al DPR 384/78, oggi DPR 503/96 (L 41/86 art. 32 comma 20);
  • l’eventuale commissariamento ad acta delle Pubbliche Amministrazioni inadempienti affinché operassero più celermente ed efficacemente nella predisposizione di interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici in applicazione di norme peraltro già esistenti ma spesso disattese cui la legge fa esplicito riferimento (in particolare il DPR 384/78).

Anche la legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” interviene prevedendo specifiche disposizioni e vincoli in merito agli edifici e spazi pubblici od aperti al pubblico.
In particolare viene imposto che:

Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia e del certificato di agibilità e di abitabilità, per opere riguardanti edifici pubblici o aperti al pubblico sia condizionato all’accertamento, da parte della Commissione competente, del rispetto delle norme vigenti in tema di barriere architettoniche (L. 104/92 art. 24 comma 4).Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l’utilizzazione dell’opera da parte delle persone handicappate, siano dichiarate inagibili e inabitabili. Sono previste sanzioni per il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l’agibilità e l’abitabilità ed il collaudatore qualora vengano accertate inadempienze delle disposizioni vigenti in tema di eliminazione delle barriere architettoniche (L. 104/92 art. 24 comma 7).

Sono trascorsi dieci anni dal 1992, anno dell’emanazione della Legge 104 e purtroppo i passi avanti compiuti per migliorare l’accessibilità e la fruibilità delle Università alle persone con disabilità sono stati lenti e faticosi e , spesso, sono stati il risultato di iniziative di persone costrette ad intraprendere vere e proprie lotte individuali, per vedere riconosciuto un diritto sancito dalle leggi.

Vediamo in dettaglio la legislazione più recente e cioè il  Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, ha sancito che per barriere architettoniche si intendono:

A) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;

B) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti;

C) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vendenti, per gli ipovedenti e per i sordi.

Ha poi delimitato gli ambiti di applicazione:

  1. Le presenti norme si applicano agli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, ancorché di carattere temporaneo, o a quelli esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione.
  2. Si applicano altresì agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l’accessibilità e la visibilità, almeno per la parte oggetto dell’intervento stesso.
  3. Si applicano inoltre agli edifici e spazi pubblici in tutto o in parte soggetti a cambiamento di destinazione se finalizzata all’uso pubblico, nonché ai servizi speciali di pubblica utilità di cui al successivo titolo VI.

Ha poi chiarito che :

Agli edifici di edilizia residenziale pubblica ed agli edifici privati compresi quelli aperti al pubblico si applica il decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

Per quanto riguarda l’edilizia scolastica l’art. 23. recita:

  1. Gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche, comprese le università e delle altre istituzioni di interesse sociale nel settore della scuola devono assicurare la loro utilizzazione anche da parte di studenti non deambulanti o con difficoltà di deambulazione.
  2. Le strutture interne devono avere le caratteristiche di cui agli articoli 7, 15, e 17, le strutture esterne quelle cui all’art. 10.
  3. L’arredamento, i sussidi didattici e le attrezzature necessarie per assicurare lo svolgimento delle attività didattiche devono avere caratteristiche particolari per ogni caso di invalidità (banchi, sedie, macchine da scrivere, materiale Braille, spogliatoi, ecc.).
  4. Nel caso di edifici scolastici a più piani senza ascensore, la classe frequentata da un alunno non deambulante deve essere situata in un’aula al pianterreno raggiungibile mediante un percorso continuo orizzontale o raccordato con rampe.

Anche la Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in merito.

Sentenza del 29 aprile 1999, n. 167

  1. l’accessibilità – che l’art. 2 del D.M. 14 giugno 1989, n. 236 definisce come “la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia” è divenuta una qualitas essenziale degli edifici privati di nuova costruzione ad uso di civile abitazione, quale conseguenza dell’affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone affette da handicap fisici.
  2. S’intende allora come la norma denunciata, impedendo od ostacolando la accessibilità dell’immobile abitativo e, quale riflesso necessario, la socializzazione degli handicappati, comporti anche una lesione del fondamentale diritto di costoro alla salute intesa quest’ultima nel significato, proprio dell’art. 32 della Costituzione, comprensivo anche della salute psichica la cui tutela deve essere di grado pari a quello della salute fisica. (sentenza n. 215 del 1987).
  3. Questa Corte ha già avuto modo di affermare come la socializzazione debba essere considerata un elemento essenziale per la salute di tali soggetti sì da assumere una funzione sostanzialmente terapeutica assimilabile alle pratiche di cura e riabilitazione

Recentemente inoltre sono state emanate dal MINISTERO DELL’INTERNO

Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile in collaborazione con la Consulta Nazionale delle Persone Disabili e delle loro Famiglie

Le  Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili .

La Legislazione e la Giurisprudenza Italiana, dunque, hanno tenuto e tengono in grande considerazione i diritti delle persone con disabilità.

Purtroppo le pubbliche Amministrazioni comprese le Università italiane ed i privati hanno solo parzialmente ottemperato a quanto stabilito dalle leggi ed ancora oggi molti edifici e spazi non sono accessibili.

L’adeguamento alle normative sulle barriere architettoniche è occasionale e spesso non risponde ad un piano generale programmatorio che, invece, avrebbe consentito un adeguamento più completo e razionale con risparmio economico e con possibilità di risposta in termini di trasparenza e di tempi, all’utenza con disabilità che, invece, troppo spesso, serve da stimolo solo quando è presente.

V’è la necessità, poi, che un piano di abbattimento delle barriere architettoniche, informatizzato ed aggiornato continuamente sia predisposto.

Il Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A.)

L’obbiettivo principale del P.E.B.A. è quello di predisporre un programma sistematico per sanare una situazione pregressa, distribuendo gli interventi di adeguamento in un ragionevole lasso di tempo.A tale programma si dovrà poi fare riferimento in occasione di ogni intervento sul costruito che verrà effettuato da quel momento in poi.

L’Amministrazione ha, così, la possibilità di controllo delle spese, in quanto conoscendo a priori, attraverso il P.E.B.A., le necessità per gli anni a venire, verranno previste in misura adeguata ed ha la possibilità di informare l’utenza dei tempi e delle opere previste per l’adeguamento.

La Programmazione degli interventi dovrà stabilire le priorità in base alle  variabili elencate in tabella:

 
  1. I servizi svolti,
  2. La frequenza nell’utilizzo delle funzioni,
  3. la presenza o meno di utenti svantaggiati,
  4. Il valore storico-architettonico    dell’edificio,
  5. La presenza di vincoli che rendono più difficili gli   interventi di adeguamento,
  6. Il costo stimato per gli interventi di adeguamento,
  7. Il numero e la tipologia degli interventi previsti

E’ importante che in ogni ufficio tecnico vi sia un tecnico preposto la cui preparazione attraverso opportuni corsi formativi , rappresenta un momento quanto mai indispensabile e importante per non vanificare gli sforzi.

E’ opportuno ricordare che l’approccio progettuale dovrà essere “da ricercatore” infatti le Leggi non vietano la ricerca di soluzioni alternative se pienamente funzionali a chi deve fruire di quei determinati spazi.

L’informatizzazione del P.e.b.a. deve essere prevista in quanto la quantità di dati necessari ad un completo controllo dell’accessibilità può essere imponente.

La gestione di questi dati diventa possibile esclusivamente con il supporto di uno strumento informatico. Ciò è importante soprattutto quando il piano viene concepito come uno strumento dinamico e modificabile secondo le esigenze di chi lo gestisce e lo rende operativo.

E’ evidente che lo sforzo organizzativo richiesto alle Amministrazioni dovrà condurre alla realizzazione degli adeguamenti previsti dal P.E.B.A. attraverso il finanziamento dei piani di abbattimento delle barriere architettoniche.

Bisogna prevedere, inoltre, l’inserimento dei P.E.B.A. nei Piani Regionali di Abbattimento delle barriere architettoniche.

Se quanto previsto dalla Legislazione Italiana fosse stato pienamente rispettato dalle Amministrazioni pubbliche e private le persone con disabilità fisiche avrebbero pari opportunità di partecipazione alle attività della vita quotidiana.

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